Comune ma non banale: il caso della foratura

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Geometria, materiale, qualità superficiale, precisione, cadenza produttiva… quante attenzioni dietro un “semplice” foro.

Fori piccoli. Fori grandi. Fori ciechi. Fori passanti. Fori profondi. Fori filettati. Difficile pensare a quante tipologie di foro possano esserci, ma un dato di fatto è che il foro fa parte della quotidianità. Dunque la foratura è una lavorazione piuttosto comune, anche se non banale.

Il foro viene definito come una cavità a sezione cilindrica costante lungo tutto lo sviluppo assiale. Per quanto, da un punto di vista geometrico, il foro abbia una forma semplice, i compiti che è chiamato ad assolvere può essere anche molto impegnativo. Quindi: impieghi svariati, processo produttivo vincolato da qualità e produttività, lavorazione comune ma per questo banale. Il punto di partenza sono i parametri caratteristici di foro e foratura, fra cui si distinguono:
• Diametro – estremamente variabile, influenza direttamente la scelta dell’utensile e la potenza richiesta per l’asportazione di materiale
• Rapporto profondità/diametro – definisce il tipo di foratura:
– P/D≤ 5 foratura normale
– 5<P/D≤10 foratura profonda
– P/D>10 foratura speciale: rientra sempre nel campo della foratura profonda, ma van- no studiati attentamente utensili e strategie di lavorazione
• Qualità – tolleranze (geometriche e dimensionali) sia riguardo al diametro che all’asse, ma anche di posizionamento rispetto ad altri fori o enti geometrici caratteristici; qualità e finitura superficiale del foro
• Imbocco – può essere fondamentale il tipo di imbocco su una (o entrambe) le estremità del foro
• Filettatura – in funzione del tipo di utilizzo può essere richiesta la filettatura del foro, filettatura che può essere eseguita simultaneamente al foro o in una fase successiva

In questo modo si definisce il foro, cui vanno chiaramente aggiunti materiale e cadenza produttiva richiesta. A seguire, la scelta del processo produttivo più idoneo.

Profondità e diametro

Per la natura stessa del foro, generalmente le punte a forare hanno un elevato rapporto lunghezza/diametro ed è proprio per questa caratteristica che tendono possano flettersi. Il rischio della flessione aumenta al crescere del rapporto, che, nelle situazioni estreme, può portare alla rottura dell’utensile.

C’è un’ulteriore criticità, legata alla lavorazione, e riguarda i trucioli: se non adeguatamente evacuati, possono procurare seri problemi tanto al foro che all’utensile. Infatti i trucioli devono essere allontanati in una direzione opposta a quella del movimento assiale della punta a forare. Questo significa che attenzione deve essere posta tanto sull’utensile, eventualmente dotato di rompi truciolo, che sull’efficacia della lubrorefrigerazione, cui spetta, oltre al classico ruolo di condiviso di lubrificazione e raffreddamento, il compito di agevolare l’allontanamento del truciolo dall’area di lavoro.

Oggi il focus è sull’efficienza del processo, che diventa sempre più rilevante con l’aumentare della cadenza produttiva. Nel caso della foratura, l’efficienza può essere valutata considerando la quantità di materiale asportato, attraverso il calcolo della velocità di asportazione del materiale, ovvero:

D= diametro della punta
f= avanzamento
N= velocità di rotazione della punta

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