Il settore dei beni strumentali aveva chiuso in crescita il 2023, ma è prevista una lieve flessione per il 2024.
Fatturato in crescita nel 2023 per l’industria italiana del bene strumentale. Lo rivelano i dati elaborati dal Gruppo Statistiche Federmacchine e relativi al 2023. Con le 12 associazioni federate, la federazione rappresenta il comparto del bene strumentale, aggregando settori tra loro diversi – per tipologia di produzione, per mercati di destinazione e per competenze – ma accomunati dal fatto che da essi dipende la produzione della quasi totalità dei beni di uso quotidiano.
Aderiscono a Federmacchine: Acimac, Acimall, Acimga, Acimit, Amafond, Amaplast, Assomac, Confindustria Marmomacchine, Federtec, Gimav, Ucima e Ucimu, per un totale di 5.100 imprese e 211.000 occupati.
Lo scorso anno, il fatturato del settore si è attestato a 56.6 miliardi di euro, +2,1% in più rispetto al 2022. «Si tratta di un nuovo record per il nostro settore», ha affermato il presidente Bruno Bettelli nel corso dell’assemblea della federazione. Questo risultato è frutto soprattutto del buon andamento delle esportazioni, che hanno raggiunto i 37.7 miliardi di euro, con una crescita del 5,8% rispetto all’anno precedente. Meno performante, invece, il mercato interno, che si è fermato a quota 18.9 miliardi di euro, -4,6%. In generale a essersi indebolita è la domanda dei costruttori italiani, che si è fermata a 30.4 miliardi, -4% rispetto al dato del 2022. Infatti, anche le importazioni di beni strumentali dall’estero hanno subito un calo del 3%, attestandosi a 11.5 miliardi.
A fronte di questo scenario, per il 2024 le previsioni elaborate dal Gruppo Statistiche di Federmacchine si aspettano un calo per quasi tutti i principali indicatori economici. È previsto, infatti, che il fatturato si fermi a 54.7 miliardi di euro (-3,3%). Il consumo domestico dovrebbe attestarsi a 27.9 miliardi (-8,3%), penalizzando sia le consegne sul mercato interno – che si attesteranno a 16.7 miliardi (-11,7%) – che l’import che si fermerà a 11.2 miliardi (-2,6%). Ancora una volta sarà l’export a dare le maggiori soddisfazioni alla nostra filiera, che si porterà a 38 miliardi, con una crescita dello 0,9%, che porterà comunque a un nuovo record le nostre esportazioni.
Ottime performance nel lungo periodo
I dati di lungo periodo forniscono maggiori elementi per valutare la situazione attuale. Il settore è progressivamente cresciuto dal 2008 a questa parte, nonostante abbia affrontato in questo arco di tempo due importanti crisi.
La prima nel 2009, nel periodo forse più difficile per l’economia italiana; la seconda nel 2020, a causa del Covid. Nel 2009 si verificò un crollo dei fatturati del 30% (dai 39.4 miliardi di euro del 2008 ai 27.6 del 2009) e ci vollero sei anni per ritornare ai livelli d fatturato di prima della crisi. La crisi del 2020 (-14% di fatturato rispetto all’anno precedente, con un fatturato sceso da 50 miliardi a 41,4) fu meno pesante della precedente e già l’anno successivo il comparto recuperò pienamente il terreno perso, per poi continuare in segno positivo. «La crescita – ha sottolineato Bettelli – è proseguita a tassi molto elevati anche nel 2022 e, sebbene in modo più contenuto, anche nel 2023, anno che ha registrato un nuovo record di settore».
Anche in termini di consumo la crisi del 2020 (-18%) è risultata meno pesante di quella registrata nel 2009, quando il crollo del mercato italiano fu pari al 36%. Il recupero post crisi 2009 del mercato italiano fu particolarmente lento e difficile: solo nel 2017 il consumo italiano superò il dato del 2008. Invece, nella crisi dovuta al Covid il consumo italiano di beni strumentati ha recuperato il terreno perso già nel 2021, portandosi su un valore superiore al record del 2018.
Nel biennio 2020-22, il mercato italiano dei beni strumentali è cresciuto del 51%, spinto anche dagli incentivi governativi. Il 2023 ha invece segnato l’inversione di tendenza interrompendo il trend di crescita. Nonostante ciò, il mercato italiano si mantiene su livelli molto alti: nonostante le due crisi, dal 2008 al 2023 il mercato è passato da 21.9 a 30.4 miliardi di euro.
Una consolidata propensione alle esportazioni
Va detto, poi, che è una caratteristica del mercato italiano dei beni strumentali quella di avere una forte propensione all’export e di fare poco ricorso alle importazioni, tendenza confermata anche dai dati 2023. Il tasso di penetrazione dell’importazioni sul totale dei consumi interni è risultato pari al 37,9%, un dato in linea con il 2022 e di poco inferiore al 38,6% del 2008.
Per quanto riguarda le esportazioni, invece, la loro sul fatturato del comparto è cresciuta nel 2023, attestandosi al 66,6% (contro il 64,2% del 2022), anche a causa del rallentamento della domanda interna. La quota di fatturato realizzata in Italia dal comparto si è quindi attestata al 33,4%.
Analizzando più nel dettaglio i dati di export, emerge come l’Europa (Italia esclusa) assorba il 36,1% del totale fatturato generato dalle industrie del settore dei beni strumentali. Sommando questa percentuale alla quota realizzata sul mercato domestico, l’intera area europea assorbe quindi da sola quasi il 70% del fatturato italiano di comparto. Le Americhe si attestano al 15,6% e L’Asia all’11,3%. Più ridotto il peso di Africa e Oceania, che insieme rappresentano il 3,6% del fatturato del settore.
Un dato estremamente positivo è che tutte le aree di mercato sono risultate in crescita nel 2023. In Europa si è registrato il +5,3%; le Americhe sono cresciute del 10,1%, un dato frutto soprattutto delle buone performance del Nord America (+11,3%), mentre il Sud America si è fermato al +6%. Anche Africa e Oceania sono cresciute a un ritmo interessante (+12,2%). Meno significativa la crescita delle esportazioni verso i paesi asiatici: +0,4%.
Guardando al singolo paese, sono gli Stati Uniti il principale mercato di sbocco della produzione italiana di beni strumentali, con un valore dell’export vicino ai 5 miliardi di euro. Seguono due paesi europei, Germania (3.9 miliardi) e Francia (2.6 miliardi), poi Cina (1.8) e Polonia (1.6). Le vendite sono risultate in crescita in tutti i principali mercati: negli Stati Uniti hanno fatto segnare +6,7%; in Germania +4,3%; in Francia +7,9; in Polonia +15,6%. Molto interessanti le performance del Messico, che è cresciuto del 31,7%, attestandosi a 1.3 miliardi di euro. In controtendenza Cina (-4,4%), Turchia (-0,3%) e Regno Unito (-2,2%).
Un ruolo chiave nel sistema economico italiano
Al di là delle performance sui mercati internazionali, l’industria dei beni strumentali offre un apporto considerevole all’economia del paese. Sempre secondo il Centro Studi di Federmacchine, il fatturato dell’industria italiana del machinery è valso nel 2023 il 2,7% del Pil (in calo di 2 decimali rispetto al dato 2022). Il peso del settore sull’occupazione è risultato pari al 5,3% (in linea con il dato 2022).
«Ma ancora una volta – ha sottolineato Bruno Bettelli – il contributo più rilevante fornito dal settore all’economia italiana resta il dato delle vendite all’estero che valgono il 5,2% del totale dell’export italiano, beni + servizi, e il 6% se si considera il solo export di merci. Rimane decisivo il contributo dei beni strumentali e della meccanica in generale alla bilancia commerciale del paese».
Infatti, nel 2023 il saldo complessivo delle merci è tornato ampiamente in attivo, per 34.1 miliardi di euro. La meccanica ha generato un surplus di 58.3 miliardi, di cui quasi la metà (26.1 miliardi) è attribuibile al comparto rappresentato da Federmacchine.
«Tengo molto a sottolineare questi valori – ha proseguito – perché ancora una volta il nostro settore si è distinto per una performance superlativa, migliore di quella espressa da tanti altri settori di cui si sente spesso parlare: food, fashion and furniture quali eccellenze del made in Italy all’estero. L’estero rappresenta per le aziende di Federmacchine lo sbocco ideale per la propria attività come dimostra il dato di export su fatturato che in alcuni periodi ha raggiunto addirittura quota 75%. Per tale ragione la federazione ha dedicato particolare impegno, anche nel corso del 2023, alle iniziative volte a favorire le relazioni con gli utilizzatori stranieri. Il Rapporto Ingenium, realizzato da Confindustria e Federmacchine, nel 2022, ha messo in evidenza un potenziale di 16 miliardi di euro di export non ancora realizzato che potrebbe essere alla portata delle aziende e che è distribuito tra mercati emergenti e mercati già affermati».
Per supportare queste performance, la federazione nel 2023 ha organizzato diverse iniziative volte favorire le relazioni con gli utilizzatori esteri. Ne sono un esempio, la presentazione in Vietnam con l’obiettivo di illustrare i punti di forza dell’industria italiana del bene strumentale in uno dei mercati a più alto tasso di sviluppo per il futuro. Per favorire le vendite sul mercato cinese, Federmacchine ha partecipato al Forum Italia Cina che si è svolto a Verona e all’evento di Sace e Legend Holding.
Sempre con l’obiettivo di stringere rapporti più solidi con il mercato asiatico, presso la sede di Federmacchine si è tenuto l’incontro con la delegazione taiwanese CIECA, che ha visto la partecipazione di una ventina di rappresentanti di imprese del paese asiatico che hanno presentato la loro attività ai costruttori italiani intervenuti. Inoltre, è stata data grande attenzione all’Arabia Saudita, impegnata in un processo di sviluppo che non può prescindere dagli investimenti in beni strumentali.
Le attività sul fronte istituzionale
Ma l’impegno della federazione non ha riguardato solo i mercati esteri. Sul fronte interno si è concentrata anzitutto sui temi di politica industriale che maggiormente interessano i costruttori, a partire da Transizione 4.0 e 5.0. Su questo tema, l’associazione si muove su due fronti. Da un lato assiste e supporta le imprese associate alle 12 federate con una attività di informazione puntuale circa le novità in materia, dall’altro, opera per portare all’attenzione delle autorità di governo e delle istituzioni le esigenze del comparto relative a questa tematica.
«Così come abbiamo sostenuto l’introduzione e il mantenimento del provvedimento Industria/Impresa e infine Transizione 4.0 per la digitalizzazione – ha affermato Bettelli – da subito abbiamo condiviso la proposta del governo legata a Transizione 5.0. incentrata sul tema del risparmio energetico».
La misura, nata come provvedimento per far fronte anzitutto al problema dei rincari dei costi di approvvigionamento dell’energia da fonti tradizionali, esploso con lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, spinge a ragionare sulla riorganizzazione della produzione e dell’attività aziendale, in chiave digitale, con l’obiettivo di misurare e ridurre il consumo energetico.
«Al di là dell’evidente beneficio economico – ha proseguito – il provvedimento farà sicuramente da traino alla transizione verso la green manufacturing. In sostanza questa misura di politica industriale può e deve essere interpretata come leva per sensibilizzare le imprese su un nuovo modo di operare, rendendo così più competitivo il made in Italy del comparto e di tutti quei settori che utilizzano i macchinari di ultima generazione. La misura ha però bisogno di funzionare al più presto, affiancandosi al provvedimento 4.0».
Infatti, l’iter di questo provvedimento non è ancora concluso e si rischiano di perdere delle opportunità per il comparto, visto che i fondi dedicati alla misura sono legati al PNRR, e in particolare al Fondo Repower EU, che per la rendicontazione prevede che il macchinario 5.0 possa godere dell’agevolazione prevista (45% di credito di imposta) solo se sarà installato e interconnesso entro il 31 dicembre 2025.
«I tempi così compressi tra la disponibilità della misura e il termine di consegna e interconnessione del macchinario – ha denunciato Bettelli – mettono in difficoltà i costruttori italiani che, specializzati nel prodotto super personalizzato, hanno tempi di produzione di circa 6-8 mesi. Questa attesa è un vero autogol per il nostro Paese perché di fatto rischia di favorire prima di tutto l’import,che notoriamente arriva dall’Asia, a scapito del nostro prodotto o comunque del prodotto made in Europe».
Sul tema è intervenuto anche Marco Nocivelli, vice presidente di Confindustria, che si sta adoperando nelle sedi istituzionali per sostenere misure di sostegno alle imprese più strutturali. «Non servono incentivi episodici – ha sottolineato – ma misure che abbiano un orizzonte temporale di trent’anni. L’argomentazione che portiamo davanti alle istituzioni è che gli investimenti che si fanno nella filiera dei beni strumentali per aumentare la produttività delle imprese hanno un ritorno molto veloce, non solo per l’impresa, ma anche per il paese».
Confindustria si sta attivando per avere un dialogo continuo con le istituzioni italiani, non più basato su interlocuzioni periodiche, ma su un tavolo di confronto permanente.
Il valore della formazione
Un altro fronte che vede impegnata la federazione è quello della formazione adeguata e continua del capitale umano, indispensabile per traghettare le aziende verso quella digitalizzazione e transizione verde che sono ormai indispensabili per il settore manifatturiero. A questo proposito Federmacchine ha stretto un importante accordo con il Politecnico di Milano per favorire la collaborazione su temi di comune interesse dedicati al manifatturiero e ha intensificato l’impegno verso gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, aderendo alla Giornata del Made in Italy indetta in aprile dal MIMIT con l’obiettivo di dialogare con le scuole.
«Rispetto ai giovani – ha precisato Bruno Bettelli – riteniamo fondamentale che sia previsto un investimento importante da parte del paese su tutte quelle scuole di ogni ordine e grado, professionali, istituti tecnici, ITS, università e corsi post laurea, il cui indirizzo abbia diretto sbocco nel mondo della manifattura e in particolare di quella ad alto tasso di tecnologia».
Elena Consonni