Industria siderurgica 2025: acciai altoresistenziali alla prova

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L’impasse di alcuni tradizionali e primari mercati di sbocco, automotive in primis, incide sulle dinamiche dell’industria siderurgica e delle materie prime, rallentando la crescita e l’affermazione dei prodotti sulla carta più adatti alla transizione verde: tale è il caso degli acciai altoresistenziali.

In capo a un’annata complicata qual è stata quella del 2024, l’auspicio è che il 2025 possa essere «l’anno della semina», in attesa di un convincente rilancio negli anni a venire, almeno per gli acciai e per il settore siderurgico. A esprimerlo, poco prima che si andasse in stampa, è stato il responsabile dell’Ufficio Studi di Siderweb, Stefano Ferrari, che, in occasione del webinar “Mercato & Dintorni”, ha passato in rassegna i dati sull’industria e il mercato elaborati da World Steel Association (WSA) e da Eurofer.

Per il 2025 ci si aspetta un lieve miglioramento del quadro macroeconomico: il Pil dovrebbe crescere dell’1,5% in Europa e dello 0,5-0,8% in Italia. Il calo dell’inflazione è quel che sulla carta serviva a innescare una ripresa degli investimenti, oltre che degli acquisti privati, ed è prevedibile che i consumi di acciaio possano beneficiarne. WSA ne ha ipotizzato un incremento dell’1,2% nel mondo nonostante il rallentamento della Cina (-1%). Nell’Ue si pronostica un +0,6% per il consumo reale; quello apparente potrebbe invece segnare un progresso del 3,8%, per larga parte sospinto da una corsa al ristoccaggio dai potenziali effetti positivi per i volumi e per i prezzi.

Calma piatta

Gianfranco Tosini, responsabile ufficio studi Siderweb.

Rispetto al momento attuale, l’altro esponente dell’Ufficio studi della community dell’acciaio Prof. Gianfranco Tosini ha osservato come sul fronte dei prodotti la siderurgia stia attraversando una fase «di totale stallo determinata dalla debolezza della domanda». Le ripercussioni sulle acciaierie sono immaginabili ed evidenti e si traducono in temporanei fermi della produzione o nel prolungamento delle chiusure in occasione delle ferie. «Si cerca così – ha detto Tosini a Lamiera – di porre un freno agli impatti di una caduta dei prezzi che va di pari passo con la compressione dei margini. I comparti utilizzatori, dall’auto alle costruzioni, passando per il bianco, stanno tutti attraversando una fase di crisi e lo stesso vale per la meccanica strumentale il cui output è in calo del 5% circa.

Pensare a una ripartenza sul breve periodo è pressoché impossibile e l’idea è che la richiesta sia destinata a restare debole anche nel primo semestre del 2025. Sperando nella positiva risoluzione del conflitto russo-ucraino si può intravedere una risalita nella seconda metà dell’anno, tenendo conto però anche della crescente aggressività della concorrenza cinese.

Agitano i sonni degli imprenditori anche i costi delle materie prime energetiche, che negli ultimi due trimestri del 2024 sono tornati a impennarsi riportandosi vicini ai valori registrati nel 2023. Al momento in cui ci si è confrontati con il Prof. Tosini ci si trovava in area 117 euro per Megawatt e il gas si era già riapprossimato ai record di un paio d’anni or sono. Inevitabile che gli impianti a forno elettrico che costituiscono l’80% della produzione italiana entrino in sofferenza.

Scrap economy

Fra le altre commodity strategiche, il minerale di ferro e il coke per altoforno si sono posizionati negli ultimi mesi del 2024 sotto le soglie toccate nel 2023 e il primo è sceso a 97 euro la tonnellata mentre nell’ottobre dell’anno precedente veleggiava attorno ai 112. Fitch ha preventivato ulteriori discese verso quota 90 dollari nel 2025 e 87 dollari la tonnellata nel 2026 e ha espresso una visione analoga anche riguardo al coke, che dai 190 dollari del 2025 scivolerebbe a 170 dollari nel 2026.

Meno esposto di altri materiali alle turbolenze e alla volatilità è risultato il rottame, sempre più prezioso per i processi basati su EAF. Il paradosso, secondo Tosini, «è che in questa situazione le produzioni da forno elettrico sono penalizzate, anziché favorite, rispetto a quella da altoforno». La domanda in arrivo dall’Italia e dall’Europa è destinata a crescere ed è possibile che l’attuale surplus da 15 milioni di tonnellate possa ridursi nel 2030 a soli dieci milioni, sul territorio europeo. Lo ha evidenziato la stessa Siderweb in occasione dell’evento riminese Ecomondo, anticipando l’insorgere di probabili tensioni fra domanda e offerta sulle categorie di maggior pregio. Ovvero quelle che più fanno gola all’industria elettro-siderurgica in vista della produzione di acciai di qualità più elevata.

La preziosità del rottame ha innescato una corsa al varo di provvedimenti per la limitazione delle esportazioni: ne sono protagonisti una sessantina di paesi fra cui Cina, India, Russia e Vietnam; altri – il Messico e l’Ue stessa – ci stanno pensando e non è escluso che lo facciano Giappone, Usa, UK. In ogni caso alla fine dello scorso anno il prezzo del rottame era in flessione ovunque e anche in un mercato chiave come quello turco; né erano in vista movimenti significativi su alcuna materia prima. Per il Prof. Tosini la stabilità dei prezzi di commodity e prodotti nel 2025 è ampiamente prevedibile.

E alla fine arriva il CBAM

Immancabile, visti i temi trattati, volgere lo sguardo alla Repubblica Popolare Cinese. «Rappresenta un problema – ha riflettuto il Prof. Tosini – per via dei suoi 150 milioni di tonnellate di sovracapacità produttiva. Se da un lato l’esecutivo di Pechino preme per ridurle; dall’altro si scontra con il no delle province. Non può inoltre contare come in passato sull’ossigeno garantito dalle vendite agli Stati Uniti o all’Unione Europea, frenata com’è dai dazi e da misure di contingentamento cui stanno peraltro mettendo mano nazioni vicine quali il Vietnam. La leva dei prezzi continua a essere la carta vincente ma il fatto che il 90% dell’attività sia a ciclo integrale e crei due tonnellate di CO₂ per una di prodotto ostacola, vista l’entrata in vigore del CBAM nel 2027, l’export al Vecchio Continente».

Dal punto di vista dei produttori le opportunità potrebbero ritrovarsi in segmenti di nicchia come quella degli acciai altoresistenziali ma le incognite sono identificabili ancora una volta con la ridotta ampiezza e le difficili condizioni dei potenziali clienti. «Gli acciai altoresistenziali rappresentano una tipologia di materiali adatti a soddisfare l’esigenza di prestazioni meccaniche particolarmente spinte – ha osservato a tale proposito il Prof. Tosini – e requisiti di riduzione del peso delle strutture uniti, appunto, alla resistenza. Queste caratteristiche li rendono ideali all’utilizzo da parte del mondo automotive che è però stagnante in Europa e molto più vivace in Asia e specialmente in Cina.

Essendosi rarefatti gli sbocchi, la produzione è vantaggiosa solo se i volumi sono relativamente modesti e nella maggior parte dei casi optare per una riconversione è impensabile. Certo, le industrie aerospaziale, navale, dell’arredo o del design sono interessanti ma i quantitativi che richiedono sono esigui. Infine, l’output europeo è nelle mani di pochissimi: dominanti sono player giapponesi, coreani, americani.

Aspettative tradite

Il punto è che per gli acciai altoresistenziali ci si attendeva una domanda imponente trainata dal bisogno di ridurre consumi ed emissioni nel trasporto privato a parità – perlomeno – di performance. La mobilità elettrica sarebbe perciò stata per molte ragioni la loro destinataria principe: peccato che i numeri diano perfetta testimonianza della difficoltà e lentezza con cui essa si sta affermando presso il grande pubblico.

Per servire la clientela europea, nell’opinione del Prof. Tosini, una realtà del calibro della svedese SSAB, autentica primattrice in quest’ambito, dispone di risorse e forze più che sufficienti. «Senza contare che – ha aggiunto – se in Asia si parla già comunemente di acciai ultra altoresistenziali, in Occidente lo sviluppo langue e le distanze si fanno incolmabili».

Applicazioni e limiti degli acciai altoresistenziali

Senza dubbio, le intrinseche proprietà anticorrosive fanno degli HSS la varietà ideale per le applicazioni dell’eolico offshore o dell’agro-meccanico, ma non si può certo dire che qui i progetti in corso siano numerosi e grandi al punto da giustificare investimenti significativi.

Sempre per via della sensibilità nei confronti dell’energia rinnovabile la Germania avrebbe le carte in regola per divenire teatro di iniziative ambiziose, se non fosse alle prese con una crisi forse senza precedenti. «L’agromeccanico – ha quindi spiegato il Prof. Tosini – è a sua volta un mercato di nicchia e per rendersene conto basta pensare al fatto che i fornitori più avanzati in questo campo sono coreani e vantano un output da poche migliaia di tonnellate, su un totale mondiale da 5-6 milioni».

Prospettive globali per gli acciai altoresistenziali

Benché gli acciai altoresistenziali possano a buon diritto presentarsi come «gli acciai del futuro», in concorrenza soltanto con materiali alternativi come alluminio e compositi, perché possano trovare un loro spazio è necessario attendere una ripresa marcata delle attività manifatturiere.

Non ha rallentato sin qui la domanda, pur lontana da dimensioni di massa, da parte dell’industria aerospaziale. Essa è caratterizzata tuttavia da condizioni di accesso molto complesse per i costruttori tradizionali e, per entrarvi, attori come Nippon Steel hanno acquisito startup specializzate. La multinazionale del Sol Levante vanta in altri comparti volumi tali da giustificare la gestione di una simile nicchia e il suo esempio è quasi unico. Infine, a limitare l’espansione degli acciai altoresistenziali sono i costi di produzione: fra le varietà al carbonio e gli acciai speciali il delta è uno-cinque; nel caso degli HSS si accresce ulteriormente.

Rottame, la materia di cui è fatta la sostenibilità (due chiacchiere col presidente di Federacciai, Antonio Gozzi)

Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e ad di Duferco.

Qual è oggi il polso della siderurgia italiana ed europea, presidente, e quali le prospettive?

Il 2024 si è rivelato un anno estremamente sfidante per la siderurgia, caratterizzato da una crescita economica globale modesta, politiche monetarie restrittive, un rallentamento significativo dell’economia cinese e l’impatto dei conflitti geopolitici in corso. La siderurgia europea è stata inoltre colpita dalla sovracapacità produttiva della Cina e dall’ingresso massiccio del suo acciaio sui mercati, che ha minato un equilibrio già fragile.

Per il 2025, il settore si attende in Italia una graduale stabilizzazione, favorita da politiche monetarie meno restrittive e dalla speranza di soluzioni diplomatiche ai conflitti, che potrebbero rilanciare la fiducia e gli investimenti globali. Tuttavia, le difficoltà attuali non sono solo congiunturali, ma riflettono anche problematiche strutturali. La crisi dei consumi e il riposizionamento dei prezzi verso valori storici evidenziano la necessità di adeguamenti strategici. L’industria siderurgica europea soffre una progressiva perdita di competitività rispetto a mercati come quello statunitense e asiatico, complice anche un approccio talvolta ideologico alla sostenibilità.

È essenziale correggere il tiro, bilanciando la transizione ecologica con il supporto alla capacità produttiva e alla competitività industriale. Per il 2025, le aspettative sono legate alla possibilità di un miglioramento del quadro generale attraverso politiche monetarie meno restrittive, che potrebbero rilanciare gli investimenti e la fiducia dei mercati. Una soluzione pacifica dei conflitti potrebbe aprire la strada a grandi opportunità di ricostruzione e crescita economica, con effetti positivi sulla siderurgia. Inoltre, un approccio più pragmatico da parte dell’Ue rispetto alle politiche di decarbonizzazione potrebbe alleviare le pressioni sui produttori, consentendo loro di investire con maggiore fiducia in innovazione e sostenibilità“.

Come si sta muovendo Federacciai nel tentativo di superare i problemi e rilanciare il settore?

La siderurgia italiana affronta due minacce principali: i costi dell’energia elettrica e la carenza strutturale di rottame ferroso, una materia prima fondamentale per il ciclo elettrico. L’Italia ne importa circa 6-7 milioni di tonnellate all’anno e le crescenti limitazioni globali all’export rischiano di aggravare questa dipendenza.

Federacciai chiede interventi per limitare le esportazioni, specie verso mercati che non rispettano gli stessi standard ambientali europei, salvaguardando così la capacità produttiva interna e sostenendo la transizione ecologica del settore. Altro elemento centrale è appunto il costo dell’energia elettrica, significativamente più alto in Italia rispetto ad altri Paesi europei: tale disparità rappresenta un grave svantaggio competitivo. Sul fronte delle opportunità, la siderurgia italiana spicca in Europa per l’adozione del forno elettrico e la produzione di acciaio decarbonizzato, con un’impronta di carbonio molto inferiore alla media. Questo pone le basi per posizionarsi come un riferimento globale per l’acciaio green.

Federacciai ha un obiettivo ambizioso: diventare entro il 2030 la prima siderurgia mondiale completamente decarbonizzata. Per coglierlo, sono in corso investimenti strategici in tecnologie innovative, fonti rinnovabili e partnership per lo sviluppo di progetti infrastrutturali come il preridotto e nuovi impianti di produzione energetica“.

Quali sono i principali ostacoli alla salvaguardia del fabbisogno di rottame in Europa?

Secondo un recente studio di Boston Consulting Group, la domanda globale di rottame crescerà ad un ritmo superiore alla disponibilità, col rischio di uno shortage critico tale da penalizzare soprattutto il nostro paese, che già oggi non riesce a soddisfare il proprio fabbisogno con la sola raccolta interna. La domanda interna di circa 19-20 milioni di tonnellate l’anno è coperta con soli 13-14 milioni di rottame interno e per 6-7 milioni l’anno con importazioni dall’Ue e da paesi terzi, che per le ragioni citate diverranno sempre più difficili.

L’Italia è importatrice di rottame, ma il resto dell’Unione lo esporta. Vi è una continua crescita dell’export verso i paesi extra Ue, che è quasi raddoppiato fra 2016 e 2023, da 11,7 milioni di tonnellate a circa 19 milioni. Il 56% del totale è diretto in Turchia. Servono soluzioni che proteggano il rottame europeo impedendo che venga esportato soprattutto verso paesi che non adottano misure e regolamentazioni analoghe a quelle europee. Dal 2014, dai tempi dell’action plan della siderurgia, elaborato dall’allora commissario europeo Antonio Tajani, cerchiamo di impedire questa assurda situazione, senza riuscirvi. Nonostante i discorsi sull’economia circolare e le materie prime strategiche, ci sono state e ci sono tutt’ora resistenze inspiegabili al livello di Commissione e burocrazia comunitaria all’adozione di misure di protezione.

Oggi la situazione è ancora più paradossale perché, per i processi di riconversione e di decarbonizzazione cui è obbligata la siderurgia dell’Ue e di cui si è detto, la domanda crescente di rottame in Europa è destinata a salire. Non ha senso rendere ancora più difficili tali processi lasciando che il nostro rottame – unica miniera di materie prime per l’acciaio – vada a Paesi che non sono impegnati nella lotta alle emissioni di CO₂. Le stesse ipotesi di realizzazione in Italia di nuovi forni elettrici, senza chiarire come verranno alimentati, appaiono irragionevoli, perché vi è il rischio che la situazione di carenza attuale di rottame si acuisca“.

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