Fra nearshoring e backshoring, come si evolvono le catene di fornitura?

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Reshoring, nearshoring, backshoring. La pandemia prima e le tensioni internazionali dopo hanno spinto molte imprese del comparto meccanico a rivedere la propria organizzazione per cercare di diversificare le fonti di approvvigionamento e ridurre i possibili rischi correlati a shock esterni imprevedibili.

Negli ultimi anni la gestione delle catene di fornitura globali si è rivelata particolarmente complessa. La fase pandemica ha comportato degli stop, anche prolungati, nelle reti di approvvigionamento a cui è seguito un periodo in cui molte materie prime e componenti sono diventati “merce rara”. Questa criticità è stata poi recentemente rafforzata dal difficile clima geopolitico a livello internazionale. Per le aziende, dunque, è diventato prioritario rivedere il proprio modello produttivo con l’obiettivo di diversificare i fornitori e se conveniente ricollocare le attività. Ne abbiamo parlato con Paolo Galloso, responsabile Ufficio Studi di ANIMA Confindustria.

Dai dati diffusi recentemente da ANIMA sull’andamento del comparto meccanico emerge un calo delle importazioni riconducibile al reshoring. Quanto è esteso questo fenomeno nel vostro settore nella gestione della produzione e delle catene di fornitura?

La questione del reshoring, ovvero il processo di riporto dei siti di produzione nel paese d’origine dopo un periodo di delocalizzazione, è un tema di crescente rilevanza nel settore della meccanica, in particolare nella gestione della produzione e delle catene di fornitura. Tuttavia, è importante chiarire che la diminuzione delle importazioni non può essere direttamente attribuita a questo fenomeno. Il reshoring è un argomento ampiamente dibattuto ormai da diversi anni, specialmente nell’industria meccanica, e ha guadagnato ancor più visibilità in seguito alla pandemia di Covid-19. Durante questo periodo, le vulnerabilità di una catena di approvvigionamento che si basa esclusivamente su un singolo hub produttivo in Asia, e in particolare in paesi come la Cina, sono emerse in modo lampante. Questo ha portato non solo l’Italia, ma l’intera Europa a riflettere sulla resilienza e sull’affidabilità delle proprie catene di distribuzione e approvvigionamento. Tuttavia, risulta necessario sottolineare che al momento non disponiamo di dati concreti e definitivi che indichino un impatto così immediato del reshoring sulla difficoltà delle importazioni. Certamente, abbiamo notato che ci sono effetti tangibili, ma questi non si traducono necessariamente in un cambiamento quantitativo significativo. È più corretto affermare che il reshoring ha contribuito a un ripensamento strategico nelle catene di fornitura piuttosto che rappresentare un fenomeno quantificabile e misurabile nel breve termine. In questo contesto, molte aziende hanno intrapreso la strada della diversificazione dei propri hub produttivi. Questa strategia è diventata sempre più fondamentale nell’elaborazione delle politiche aziendali, poiché le imprese riconoscono l’importanza di non dipendere da un’unica area geografica per la produzione. La diversificazione aiuta a mitigare i rischi associati a eventuali interruzioni nella catena di fornitura, che possono derivare da fattori quali eventi geopolitici, crisi sanitarie o disastri naturali”.

Quali sono i fattori che spingono le imprese a cambiare strategia aziendale?

Le imprese sono costantemente sottoposte a una serie di fattori esterni e interni che possono influenzare e, a volte, costringere a un cambiamento della strategia aziendale. Uno degli elementi principali è rappresentato dai piani nazionali e dalle politiche economiche, come il Transizione 5.0, che mirano a promuovere una maggiore sostenibilità e innovazione nel settore industriale. Questi piani possono incentivare le aziende a riconsiderare la loro posizione e a spostare la produzione più vicino ai mercati locali, favorendo così la creazione di posti di lavoro e stimolando l’economia interna. Inoltre, la crescente pressione per adattarsi alle nuove normative ambientali e alle aspettative dei consumatori in materia di sostenibilità rappresenta un ulteriore fattore di cambiamento. Un altro aspetto cruciale è l’avanzamento tecnologico: l’innovazione continua nel settore digitale e nella produzione può spingere le aziende a adottare nuove tecnologie, aggiornando i loro modelli di business. Le aziende che rimangono ancorate a processi tradizionali rischiano di essere superate dalla concorrenza che accelera il suo adattamento. Infine, il cambiamento delle dinamiche di mercato – come l’emergere di nuovi concorrenti, l’evoluzione delle preferenze dei consumatori, e le fluttuazioni economiche globali – possono anche giocare un ruolo determinante nel determinare quando e come un’azienda decide di cambiare la sua strategia“.

L’economia circolare può contribuire a rendere le imprese meno dipendenti da eventuali shock esterni?

L’economia circolare rappresenta un approccio innovativo e sostenibile che può avere un impatto significativo sulla resilienza delle imprese, riducendo la loro dipendenza da eventuali shock esterni. In un contesto globale caratterizzato da vulnerabilità economiche, come interruzioni delle catene di fornitura, fluttuazioni dei prezzi delle materie prime e problematiche ambientali, le imprese che adottano modelli circolari possono migliorare la loro capacità di reazione e adattamento. L’adozione di pratiche circolari può infatti stimolare l’innovazione. Le aziende investendo in ricerca e sviluppo per creare prodotti più sostenibili e facilmente smaltibili possono accedere a nuove opportunità di mercato e soddisfare una domanda crescente da parte dei consumatori per prodotti ecologici. Questo non solo migliora la competitività, ma consente anche di creare una reputazione di leadership ambientale che può essere un forte vantaggio competitivo. L’approccio circolare si integra perfettamente con le politiche di sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa. Le aziende che adottano tali modelli non solo contribuiscono al benessere dell’ambiente e della comunità, ma possono anche beneficiare di incentivi governativi e migliorare le relazioni con gli stakeholder, rendendo la loro posizione economica ancora più solida e meno vulnerabile agli shock esterni“.

Il fenomeno del reshoring ha molteplici sfaccettature (back/near/further offshoring). Le imprese della meccanica come si stanno orientando?

È difficile fare un commento preciso. In linea di massima, possiamo dire che l’industria meccanica sta attuando più che altro politiche di nearshoring e backshoring, con la rilocalizzazione che avviene in paesi vicini a quello di origine; in molti altri casi, la rilocalizzazione ha come destinazione il Paese d’origine dell’azienda“.

Quali altre strategie stanno mettendo in atto per rendere “più affidabili” la gestione della produzione e degli approvvigionamenti?

In questo periodo storico, sostenibilità ed economia circolare rappresentano dei driver fondamentali nella strategia di molte aziende, mirando a creare un’industria che possa integrarsi con le sfide ambientali attuali. Innanzitutto, molte imprese stanno esplorando modelli di produzione più sostenibili che riducono il consumo di risorse e minimizzano i rifiuti. Questo include l’adozione di tecnologie innovative per il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali all’interno del ciclo produttivo. Inoltre, un altro aspetto fondamentale è l’implementazione di pratiche di approvvigionamento responsabile. Le aziende stanno collaborando sempre più con fornitori che rispettano standard ambientali e sociali elevati, creando così una filiera più resilienti e trasparente. Queste alleanze non solo migliorano l’affidabilità della supply chain, ma favoriscono anche la creazione di un valore condiviso tra i diversi attori del mercato. In sintesi, le aziende stanno lavorando per costruire un ecosistema produttivo che, abbracciando la sostenibilità e l’innovazione tecnologica, non solo mira a soddisfare le esigenze di approvvigionamento affidabili, ma cerca anche di diventare parte integrante della transizione verso un’economia più verde e responsabile“.

Il ritorno a casa

Volatilità, incertezza, complessità e ambiguità: sono alcuni dei fattori che stanno spingendo le imprese a riconfigurare le proprie filiere produttive come evidenzia una nota del Centro Studi di Confindustria.

Il documento riprende i dati della survey CSC&Re4It e di quella del Centro Studi di Tagliacarne-Unioncamere (aprile 2023) dalle quali emerge la tendenza al backshoring di fornitura tra le imprese manifatturiere italiane.

Circa il 75% del totale dei rispondenti all’indagine CSC&Re4It ha acquistato forniture totalmente o parzialmente da imprese estere e il 21% di queste ha effettuato, tra il 2016 e il 2020, un backshoring totale o parziale di fornitura.

La quota di imprese intervistate da Tagliacarne-Unioncamere che dichiarano un aumento dei fornitori italiani oscilla tra il 15% (se si tratta di locali, cioè presenti nella stessa regione) e il 20% (al di fuori della regione).

Entrambe le survey individuano nella maggiore resilienza, nella riduzione della distanza e nel miglioramento della qualità dei prodotti i principali fattori che influiscono sulla scelta di rilocalizzare i propri fornitori in Italia.

Questa tendenza è confermata anche dal World Economic Forum di maggio 2023* che prevede dei cambiamenti nella struttura delle catene di fornitura, che spingeranno verso un loro accorciamento. Inoltre secondo un’indagine dell’Economist*, su 3.000 senior executive a livello mondiale, nel 2022 è aumentata la quota di coloro che ha dichiarato di adottare, come strategia primaria, il nearshoring, rilocalizzazione delle proprie forniture a favore di fornitori localizzati in paesi geograficamente più vicini (dal 12% del 2021 al 20% del 2022); allo stesso tempo, c’è un incremento nella percentuale di chi opta per il backshoring, cambiamento a favore di fornitori del paese di origine (dal 5% al 15%).

Oltre alla riconfigurazione delle catene di fornitura ci potrebbero essere anche fenomeni di riallocazioni in patria – di singole fasi (selective backshoring di produzione) o di interi processi produttivi (backshoring di produzione) precedentemente delocalizzati – o spostamenti di attività in paesi più vicini geograficamente (nearshoring di produzione) o politicamente (friendshoring di produzione).

(Fonte: in aumento le imprese manifatturiere italiane che scelgono fornitori domestici a cura di Gianluca Fiorindi, Cristina Pensa, Matteo Pignatti e Chiara Puccioni)
*Economist Impact, Trade in Transition 2023. Global report, 2023

Simonetta Stella

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