I ceramici ultrarefrattari, conosciuti anche come UHTC (ultra-high temperature ceramics), sono da tempo oggetto di studio da parte dei ricercatori di tutto il mondo per via del loro potenziale impiego come materiali termo-strutturali in applicazioni avanzate (come quelle aerospaziali).
di Sergio Curioni
Uno degli UHTC più studiati è il diboruro di zirconio (ZrB2) considerate le sue ottime proprietà meccaniche. Essendo duro e rigido, lo ZrB2 può essere utilizzato per incrementare la resistenza all’usura di matrici metalliche e ceramiche. Tuttavia, per quanto promettente, è molto raro trovare informazioni di prima mano su questo materiale.
Si riportano in questo articolo i risultati ottenuti testando e confrontando in condizioni di strisciamento a secco due ceramici massivi di ZrB2, uno monofasico e uno con rinforzo di carburo di silicio (SiC). Sono stati eseguiti test disc-on-pin (disco-su-punta) sia in condizioni di auto-accoppiamento, pin di ZrB2 e dischi di ZrB2, sia accoppiando pin di ZrB2 a dischi di ZrB2-SiC. Lo ZrB2-SiC è un composito decisamente interessante dal punto di vista ingegneristico considerando che le sue proprietà meccaniche sono migliori di quelle dello ZrB2 monofasico. Nelle stesse condizioni sperimentali, inoltre, è stato testato anche un ceramico antiusura di riferimento come l’allumina. Per completare l’analisi, sono stati eseguiti anche accoppiamenti incrociati per studiare l’effetto del modo di contatto dal momento che, nell’arrangiamento disc-on-pin, il pin ha un contatto continuo mentre il disco ha un contatto discontinuo. Sono stati quindi accoppiati pin di allumina con dischi di ZrB2 e pin di ZrB2 con dischi di allumina.
Procedure sperimentali
Materiali
Nel sistema ZrB2, sono stati prodotti i seguenti due materiali (composizione espresse in % di volume):
1) ZrB2+ 5% Si3N4, ceramico monofasico di riferimento,
2) ZrB2+ 5% Si3N4+ 20% SiC, composito rinforzato.
Attraverso la comparazione tra le proprietà dei due materiali, diventa possibile comprendere gli effetti dell’aggiunta di carburo di silicio (SiC). Come allumina, per le dovute comparazioni, è stata usata un’allumina commerciale 99.7% (tipo AL23, Friedrichsfeld AG, Mannheim, Germania).
La miscelazione per i compositi è avvenuta realizzando una dispersione delle polveri in etanolo al 99.6%, in quantità sufficiente per garantire fluidità al sistema. Questa dispersione è stata mantenuta mediante “ball milling” con sfere di Si3N4 di diversa dimensione per 24 h. La proporzione in peso tra polvere, etanolo, sfere, è stata 1:1:1. L’alcol etilico è stato in seguito rimosso mediante rotavapor, sotto un flusso continuo di azoto alla temperatura di circa 90°C. La polvere ottenuta è stata lasciata essiccare per 24 h in stufa a circa 70°C. Prima di procedere con la sinterizzazione, la polvere è stata setacciata con setaccio da 250 mm. La sinterizzazione è stata effettuata per pressatura uniassiale a caldo: la polvere è stata posta in uno stampo di grafite (diametro interno di 45 mm, diametro esterno di 120 mm) e, dopo una pre-compattazione con un carico di 30 MPa, la temperatura è stata portata fino a quella indicata in tabella 1 con una velocità di 900°C/ora; la temperatura di permanenza è stata mantenuta per 10-15 min.
Le principali caratteristiche microstrutturali e meccaniche dei materiali sono riportate in Tabella 1.
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Test tribologici
I pin cilindrici, altezza 16 mm e diametro di 5 mm, sono stati ricavati dai manufatti ceramici con operazioni di taglio e rettifica. Le estremità sono state lavorate in geometria semi-sferica con raggio di 2.5 mm. In questa zona, la rugosità media finale, Ra, è stata misurata con un tastatore a contatto ed è risultata essere circa 0.13 mm. Anche i dischi, diametro 45 mm e spessore 15 mm, sono stati ricavati dai manufatti ceramici con operazioni di taglio e rettifica. La rugosità media finale, Ra, dei dischi è risultata essere pari a quella dei pin. I test d’usura sono stati condotti su un tribometro commerciale (Wazau, Berlino, Germania) nella configurazione disc-on-pin, v. figura 1. I seguenti parametri sperimentali sono stati tenuti fissi: carico verticale applicato 10 N, velocità di strisciamento 0.1 m/s, raggio di rivoluzione 16 mm, distanza di strisciamento totale 2 km, temperature ambiente ~23°C, umidità relativa ~50%. Le condizioni sperimentali scelte sono quelle attualmente indicate nello standard americano ASTM G99 e sono le stesse prese in considerazione per i futuri standard ISO and CEN. Rispetto ad esse, è stata solo raddoppiata la distanza totale di strisciamento al fine di ridurre l’errore sperimentale sul tasso d’usura. Per ogni accoppiamento sono stati eseguiti tre test. La coppia all’albero motore e la forza verticale, da cui calcolare il coefficiente d’attrito, sono stati registrati durante l’arco della prova tramite un software di acquisizione dati. Con lo stesso software è stata registrata l’usura lineare relativa con un trasduttore capacitivo che misurava lo spostamento della base del pin nei confronti della base del disco. Il tasso d’usura (l’unità di volume persa per unità di distanza percorsa e per unità di carico verticale applicato) è stata calcolato misurando la differenza di massa prima e dopo la prova del disco o del pin, convertendo poi la differenza di massa in differenza di volume con i valori di densità e infine dividendo la differenza di volume per il valore della forza verticale applicata e la distanza totale di strisciamento. Prima delle pesate, sia il pin sia il disco sono stati lavati in acetone in un bagno a ultrasuoni, asciugati in forno a 70°C per un’ora e poi lasciati raffreddare a temperature ambiente per un’altra ora. Le tracce d’usura dei dischi e dei pin sono state esaminate al microscopio elettronico a scansione con sonda EDS per la caratterizzazione morfologica e l’individuazione dei meccanismi d’usura.
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Risultati e discussione
Coefficiente d’attrito
I coefficienti di frizione per i vari accoppiamenti sono riportati in funzione del tempo in figura 2. Come si può vedere, dopo un breve periodo di rodaggio durato pochi minuti, tutti i test hanno raggiunto una condizione stazionaria in cui il coefficiente d’attrito si è mantenuto più o meno costante. Le curve d’attrito sono molto “rumorose” in tutti i casi in cui era coinvolto un disco a base di ZrB2, indipendentemente dal materiale del pin accoppiato. Nei casi in cui il disco era di allumina, invece, le curve d’attrito sono risultate molto più lisce. Il rumore viene usualmente attribuito a fenomeni di “stick-slip” la cui ragioni fisiche possono essere sia dipendenti sia indipendenti dalla dinamica del tribometro [19]. Tanto per dare valori rappresentativi del coefficiente d’attrito, una media globale per ogni accoppiamento è stata calcolata come segue: per ogni curva è stato stimato il valore stazionario medio ignorando il periodo di rodaggio, la media globale dell’accoppiamento è stata quindi calcolata sui tre valori stazionari medi (tre test per accoppiamento). La tabella 2 riassume questi valori. Come si può vedere, quando uno degli elementi dell’accoppiamento era fatto di ZrB2, il coefficiente d’attrito è risultato sempre maggiore di 1, con un massimo di 1.14 per lo ZrB2 auto-accoppiato. L’introduzione del rinforzo di SiC non ha contribuito a ridurre significativamente il coefficiente d’attrito. Il valore più basso è risultato quello dell’allumina auto-accoppiata (0.7); questo valore è in accordo con quanto riportato in letteratura [20,21,22]. Il coefficiente d’attrito non è stato influenzato dalla disposizione dei materiali accoppiati: l’accoppiamento di pin di ZrB2 con dischi di Al2O3 ha dato lo stesso coefficiente d’attrito dei pin di Al2O3 accoppiati con i dischi di ZrB2.
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Tasso d’usura e meccanismi
In figura 3 sono riportati i tassi d’usura dei dischi e dei pin. Come si può vedere, per i dischi i tassi più alti sono stati misurati in corrispondenza dell’uso di dischi a base di ZrB2. Nel caso dell’allumina auto-accoppiata, è stato misurato un tasso d’usura inferiore di circa tre ordini di grandezza. Gli stessi dischi di allumina si usurano molto di più quando accoppiati a pin di ZrB2, ma comunque, anche in questo caso, rimangono molto al di sotto del tasso d’usura dei dischi di ZrB2. Il tasso d’usura dei pin è stato inferiore a quello dei rispettivi dischi accoppiati nella maggior parte dei casi, v. figura 3. Solo quando i dischi di allumina sono stati accoppiati ai pin di ZrB2, i dischi si sono usurati meno dei pin. Il trend del tasso d’usura dei pin assomiglia a quello dei dischi: i pin di ZrB2 si sono usurati in tutti i casi circa due ordini di grandezza di più dei pin auto-accoppiati di allumina. Quando i pin di allumina sono stati accoppiati ai dischi di ZrB2, il loro tasso d’usura è stato molto più alto che nel caso dell’auto-accoppiamento ma ancora inferiore al tasso d’usura dei pin di ZrB2.
La ragione della maggior usura dei dischi rispetto ai pin, tranne il caso dell’accoppiamento A/Z, è da ricercarsi nell’effetto della fatica meccanica e termica a cui sono soggetti i primi in conseguenza al contatto discontinuo a cui sono sottoposti [23]. Il tasso d’usura dello ZrB2 è però così più alto di quello dell’allumina da mascherare questo effetto nell’accoppiamento A/Z.
Considerando l’accoppiamento tra ZrB2 e allumina, si può vedere come il tasso d’usura sia stato chiaramente influenzato dalla disposizione dei materiali accoppiati, cioè se un materiale era in condizioni di contatto continuo (pin) o discontinuo (disco). In particolare, il tipo di contatto ha influenzato il tasso d’usura dello ZrB2 in misura molto maggiore che nell’allumina. Il materiale ZrB2 si è infatti usurato circa dieci volte di più quando è stato accoppiato come disco ai pin di allumina (Z/A) che quando accoppiato ai dischi di allumina come pin (A/Z). Nelle stesse condizioni di accoppiamento incrociato (Z/A e A/Z), l’allumina ha mostrato lo stesso trend, i dischi si sono usurati più dei pin, ma con una differenza tra i due tassi d’usura molto meno pronunciata, v. figura 3.
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Un particolare delle tracce d’usura del disco e del pin dell’accoppiamento Z/Z è mostrato in figura 4. Come si può vedere, la superficie della traccia del disco è scabra e interamente ricoperta da detriti (debris). Questi detriti, la cui dimensione è molto minore della dimensione media del grano del materiale, sono per la maggior parte compattati in zone dense che sono più o meno connesse le une con le altre. Altri detriti sono invece sparsi liberamente sulla superficie. Nei pochi punti dove è visibile, la superficie sottostante a questo strato di detriti mostra i segni caratteristici di una frattura intergranulare. L’usura sembra perciò essere stata innescata da fratture a bordo grano. Una volta rimossi dalla loro sede, i grani sono stati intrappolati, frantumati e compattati tra le due superfici in strisciamento [23]. Nel corrispettivo pin accoppiato, v. figura 4, la traccia d’usura è scabra e quasi totalmente ricoperta da detriti più o meno compattati. Nella parte alta della foto, si può anche distinguere una zona in cui i grani inglobati nello strato compatto di debris appaiono levigati. Anche in questo caso, il meccanismo di usura sembra essere stato principalmente microfratturazione a bordo grano.
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Nel disco di ZrB2+20vol% SiC (ZS), la traccia d’usura si presenta scabra e per lo più ricoperta da uno strato di detriti. Sono presenti anche avvallamenti creati dalla rimozione di materiale, v. figura 5. Nello strato di detriti sono chiaramente inglobati dei grani quasi intatti che, per la maggior parte, appaiono levigati. Qualche fessura, principalmente orientata perpendicolarmente alla direzione di strisciamento, può essere localizzata intorno ad alcuni dei grani maggiori. In questo caso, il meccanismo di usura sembra essere stato microfratturazione a bordo grano con il concorso di un’abrasione fine. Nella traccia d’usura del corrispettivo pin accoppiato, si può notare una superficie scabra ricoperta da uno strato di detriti composto principalmente da grani rimossi ma non ancora ridotti a detriti fini. Apparentemente, la differenza dell’intensità di usura che si può desumere dalle immagini delle tracce nei dischi Z e ZS farebbe pensare che i rispettivi tassi d’usura siano significativamente diversi, cosa che invece non è. La spiegazione può essere desunta osservando l’andamento dell’usura lineare relativa riportato in figura 6. Come si può vedere, nel caso dell’accoppiamento ZS/Z, due test su tre hanno presentato una transizione netta tra usura severa e usura moderata indicata nelle curve dalla presenza di un gomito nell’intervallo 50-75 minuti. Si può quindi affermare che in questo accoppiamento quasi tutta l’usura si concentra nella prima parte del test, durante la quale agisce un meccanismo di tipo severo, mentre per il resto del test agisce un meccanismo di tipo moderato. Come risultato di quest’ultimo si ha l’aspetto levigato nella maggior parte della traccia finale.
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Un particolare della traccia d’usura del disco di ZrB2 accoppiato a un pin di allumina è mostrato in figura 7. I detriti sono pressoché assenti e la superficie è liscia con leggeri solchi di abrasione paralleli alla direzione di strisciamento. In questo caso il meccanismo di usura sembra essere stato un’abrasione di tipo fine. Nel corrispettivo pin accoppiato di allumina, si nota la superficie d’usura scabra che deriva dal processo di microfratturazione sia intragranulare, per la maggior parte, sia intergranulare. Una buona parte degli avvallamenti della traccia è ricoperta da detriti. Si nota anche un’estesa microfratturazione sia a bordo grano sia ai confini delle zone di concentrazione dei detriti. È da sottolineare il fatto che, nonostante le evidenti differenze tra le morfologie delle tracce d’usura nei dischi degli accoppiamenti Z/Z, ZS/Z e Z/A, i relativi tassi d’usura non siano risultati particolarmente diversi nelle condizioni di test adottate, v. figura 3.
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In figura 8, la traccia d’usura del disco di Al2O3 accoppiata a un pin di ZrB2 è parzialmente ricoperta da detriti, sia sparsi sia localmente agglomerati. La superficie libera scabra mostra segni di frattura sia intragranulare, per la maggior parte, sia intergranulare. Il corrispettivo pin accoppiato mostra invece una superficie piatta, levigata e sgombra da detriti. In questi ultimi due accoppiamenti incrociati, Z/A e A/Z, è da notare come le tracce d’usura nello stesso materiale, sia per lo ZrB2 sia per l’Al2O3, si somiglino nonostante la differenza di tipo di contatto che c’è tra il pin e il disco, v. figure 7 e 8.
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Infine, come si può vedere in figura 9, la traccia d’usura dell’allumina auto-accoppiata è coperta da uno strato compatto e microfessurato di detriti (“fish-scale”). Le fessure sembrano essere orientate casualmente rispetto alla direzione di strisciamento. Anche la superficie del relativo pin accoppiato è completamente ricoperta da uno strato continuo e compatto di detriti, ma in questo caso esso non presenta, se non in minima misura, tracce di microfessurazione.
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Conclusioni
Due ceramici a base di ZrB2, uno monofasico e uno rinforzato con SiC, sono stati sottoposti a test tribologici disc-on-pin in condizioni standard di strisciamento a secco. Per confronto, è stata testata anche un’allumina e, per studiare l’effetto del tipo di contatto, sono stati condotti anche test di accoppiamento incrociato ZrB2/allumina e allumina/ ZrB2.
Alla luce dei risultati ottenuti, si può senz’altro affermare che nelle condizioni sperimentali adottate i due materiali a basi ZrB2 hanno mostrato prestazioni tribologiche molto inferiori a quelle dell’allumina, nonostante essi presentino proprietà meccaniche migliori. Sia i tassi d’usura sia i coefficienti d’attrito dei materiali a base di ZrB2 sono risultati infatti superiori a quelli dell’allumina.
Dagli accoppiamenti incrociati, è emerso che il tipo di contatto non ha influenzato il coefficiente d’attrito mentre ha avuto un forte impatto sui tassi d’usura, con lo ZrB2 che sembra aver sofferto più dell’allumina del fenomeno della fatica meccanica e termica.
L’analisi morfologica delle tracce d’usura ha messo in evidenza che i meccanismi d’usura sono dipesi dall’accoppiamento. La differenza tra i meccanismi d’usura non sempre si è tradotta in una differenza sostanziale tra i tassi d’usura. Va sottolineato che la caratteristica peculiare dei materiali a base di ZrB2 è la loro alta refrattarietà. Potrebbe quindi essere possibile che se sottoposti a condizioni sperimentali più estreme (maggiori carichi verticali e/o maggiori velocità di strisciamento) essi si rivelino materiali persino migliori dell’allumina dal punto di vista tribologico. Nel caso, i vantaggi applicativi sarebbero tangibili anche considerando come già ora sono disponibili soluzioni per arrivare a produrre componentistica di utilizzo industriale (figura 10). La ricerca in questo settore di frontiera rimane comunque aperta, anche per via delle tante ed importanti ricadute (figura 11).
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Riferimenti
Informazioni tratte dal lavoro svolto dai ricercatori del CNR-ISTEC di Faenza (Ref. Dott. Stefano Guicciardi) per conto del MATMEC ATS, Laboratorio sui Materiali Avanzati della Rete ad Alta Tecnologia della Regione Emilia Romagna, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.