Con le fibrille di cellulosa, quelle microscopiche formazioni filamentose che, riunite in fasci, costituiscono una fibra, è possibile ottenere eccellenti risultati in campo industriale. In molti credono che possano giocare un ruolo nella decarbonizzazione dell’industria, perché non generano emissioni (crescendo in natura), bruciano senza residui e sono anche compostabili. Possono essere utilizzate in diversi settori, ad esempio come fibra di rinforzo in prodotti tecnici in gomma come le membrane delle pompe e molte altre applicazioni industriali. La novità, però, è che le possono diventare parte di circuiti stampati sostenibili, riducendo l’impronta ecologica dei computer. Ci sta lavorando l’EMPA, ossia il network dei laboratori federali svizzeri di scienza dei materiali. Grazie a un progetto europeo, guidato dall’Istituto Svedese di Ricerca sui Materiali (RISE), i tecnici di EMPA stanno sperimentando circuiti stampati più sostenibili. Questi elementi, infatti, sono tutt’altro che innocenti dal punto di vista ecologico: di solito sono costituiti da fibre di vetro imbevute di resina epossidica. Un materiale composito non riciclabile e che può essere smaltito solo in speciali impianti di pirolisi.
Sforzi moltiplicati
L’EMPA non è nuova alla realizzazione di componenti informatici ecologici, ma finora il lavoro svolto non ha portato all’applicazione commerciale. Il progetto europeo che prende di mira il problema dei circuiti stampati è iniziato nell’ottobre 2022 e il consorzio, che include partner da Austria, Slovenia, Spagna, Paesi Bassi, Svezia e Svizzera, valuterà la realizzazione di circuiti stampati realizzati con vari materiali: oltre alla cellulosa, la lana di legno, la polpa di legno e l’impiallacciatura.