Il taglio e la fisica

Condividi

fisica

La tecnologia meccanica e lo studio della fisica hanno un legame molto stretto e questo vale per ogni processo produttivo. Il caso dell’asportazione di truciolo.

Nell’antichità la fisica era la “riflessione filosofica sui fenomeni della natura” (enciclopedia Treccani), mentre, in tempi successivi, con il progressivo affermarsi del metodo sperimentale per comprendere i fenomeni naturali, la fisica assurse al ruolo di scienza. E il compito di una scienza è quello di descrivere in maniera razionale i fenomeni che studia, riconoscendone le proprietà, misurandole e stabilendo relazioni matematiche. Il metodo di studio è quello “scientifico” che porta a formulare teorie e leggi, basate sull’osservazione, la sperimentazione e la misurazione, ovvero relazioni matematiche fra le grandezze che descrivono i fenomeni stessi.

Data questa premessa, è evidente lo stretto legame fra i processi produttivi e la fisica, legame che, nella pratica operativa passa perlopiù inosservato. Ma esiste.

Focalizzando l’attenzione su un processo produttivo in particolare, la lavorazione per asportazione di truciolo, già solo l’affermazione “Nel processo di taglio un utensile, dotato di un moto relativo rispetto ad un pezzo generato da una macchina utensile, ne asporta uno strato superficiale mediante un processo di deformazione plastica. Ne risulta una nuova superficie avente le caratteristiche richieste ed espresse sul disegno del pezzo”, rende evidente il ruolo della fisica nel processo di trasformazione (fisica e non chimica) del materiale.

Gli aspetti di meccanica e di termodinamica del taglio indicano chiaramente la stretta correlazione fra fisica e lavorazione all’utensile.

Dalla meccanica…

Qualsiasi processo produttivo parla di velocità, di potenza, di energia, di calore… e tutto ciò vale, a maggior ragione, per le lavorazioni per asportazione di truciolo dove, durante il taglio, tutta la potenza assorbita si trasforma in calore.

Facendo un passo indietro, la meccanica del taglio si propone di studiare i principi fondamentali del taglio attraverso lo studio della formazione del truciolo, a partire dalle forze in gioco.

Uno dei primi modelli matematici sviluppati è quello proposto dal tecnologo finlandese V. Pijspanen, che tratta il processo di formazione del truciolo presupponendo condizioni di taglio ortogonale, truciolo continuo e costante, e utensile a singolo tagliente.

Il modello di Pijspanen non prende in considerazione le forze di attrito che agiscono nell’area di contatto fra il petto dell’utensile e il truciolo, che portano alla formazione anche di una zona di deformazione secondaria. Inoltre il problema del taglio viene trattato in termini di elaborazione geometrica, prescindendo dall’imposizione dell’equilibrio delle forze agenti. Se il modello si presenta relativamente semplice, di fatto le ipotesi su cui si fonda sono troppo semplificative, con un limitato riscontro con la realtà.

Un successivo passo nello studio della meccanica del truciolo è stato fatto, negli anni della II Guerra Mondiale, da Ernst e Merchant, che hanno sviluppato due modelli ancora oggi fondamento della meccanica del taglio. Pur seguendo gli stessi presupposti del modello di Pijspanen, ora le ipotesi di taglio tengono conto delle proprietà meccaniche del materiale lavorato, proprietà che determinano il comportamento, e considerando l’azione del sistema di forze che agisce sul truciolo, che ne determina la geometria. La teoria di Ernst e Merchant si basa sull’applicazione del principio della minima energia, cioè il truciolo si forma secondo un dato meccanismo, con una certa geometria, in modo che l’energia necessaria alla formazione sia la minima possibile. Nonostante il modello fornisca una buona approssimazione, talvolta i dati sperimentali si discostano anche notevolmente dai risultati attesi.

… agli aspetti termici

Se durante il taglio si genera calore, e quindi la temperatura aumenta, va da sé che andranno studiati anche gli aspetti termici, considerando quella che viene chiamata termodinamica del taglio.

Vale la pena una premessa: se si genera calore, se la temperatura nella zona di taglio aumenta in maniera incontrollata, possono nascere diversi problemi. I problemi riguardano sia l’utensile, che degrada precocemente, sia il pezzo, che potrà avere una scarsa finitura superficiale, e non rispettare le tolleranze prescritte, sia geometriche che dimensionali.

Come avviene lo sviluppo del calore durante il taglio? L’energia, introdotta dal lavoro di deformazione plastica, si trasforma, per circa il 98%, in calore, ma, oltre a ciò, ci sono altre concause, come i fenomeni di attrito e di deformazione secondaria sul petto dell’utensile, e i fenomeni di attrito sul fianco.

I moderni processi produttivi richiedono produttività ed efficienza, quindi è fondamentale ottimizzare i parametri tecnologici, ma l’ottimizzazione deve tener presente l’influenza della temperatura, che deve mantenersi entro determinati valori: la meccanica del taglio e la termodinamica del taglio hanno quindi un legame molto stretto!

Flussi termici: perché conoscerli

I principali attori nello studio termodinamico del taglio sono il truciolo, l’utensile e il pezzo, ognuno con caratteristiche che sono chiaramente identificabili, ben precise, e con una influenza diretta sul comportamento in fase di asportazione.

Perché si parla di flussi termici? Si può intervenire, modificandoli, in caso di necessità? I flussi termici indicano come fluisce il calore e come si propaga durante la lavorazione. Sulla base di queste conoscenze, si possono individuare le temperature generate e, di conseguenza, quale sarà la loro influenza sul taglio. Questo è molto importante: avere una chiara idea di cosa stia accadendo dal punto di vista termico, permette di scegliere adeguatamente i parametri tecnologici, tenendo così sotto controllo gli effetti indesiderati dovuti al gradiente termico.

Se in passato ci si basava su una conoscenza qualitativa degli aspetti termici, oggi sono possibili valutazioni più specifiche e misurabili ed è ormai chiaro come la conoscenza degli aspetti termici del taglio sia fondamentale dato che:
• influenza, in senso peggiorativo, resistenza, durezza e resistenza all’usura dell’utensile, con un potenziale degrado precoce
• le variazioni dimensionali del pezzo, legate alla variazione di temperatura, possono essere difficilmente controllabili, a discapito dell’accuratezza della lavorazione
• i gradienti termici possono trasferirsi alla macchina utensile, causando scarsa accuratezza

La valutazione dei flussi termici

Per valutare i flussi termici si ricorre ad una rappresentazione schematica che indica l’interazione pezzo-truciolo-utensile, e la propagazione del calore.

La rappresentazione indica come la maggior parte del calore (75% circa) venga trasmessa al truciolo, mentre poco meno del 20% è in carico all’utensile. La restante quota, minima, viene trasferita al pezzo. Va precisato che si tratta di percentuali medie, che possono variare, anche in maniera sensibile, con i parametri di taglio, in particolare la velocità.

In particolare, all’aumentare della velocità di taglio, l’andamento della distribuzione di calore si dimostra “più favorevole” alla lavorazione, dato che cresce il calore in carico al truciolo, truciolo che però viene velocemente allontanato dalla zona di taglio, almeno nelle condizioni di taglio ideali. E con esso, chiaramente, il calore.

Sempre più diffuse sono le lavorazioni con alte velocità di taglio, dove, se l’evacuazione del truciolo è effettivamente tempestiva, si ha un andamento dei flussi di calore effettivamente vantaggiosa e, di conseguenza, maggiore efficacia ed efficienza del processo produttivo. Non va comunque sottovalutata la percentuale di calore che resta in carico al pezzo e all’utensile, e, quindi, il valore raggiunto dalle rispettive temperature, che potrebbero causare seri problemi, pregiudicando la qualità del manufatto e compromettendo l’efficienza dell’intero processo.

Vale la pena ricordare come l’utensile usurato porti alla generazione di calore dovuta allo sfregamento della punta dell’utensile sulla superficie lavorata: l’aumento (indesiderato) della temperatura può portare ad un drastico abbattimento della qualità e, in casi estremi, allo scarto del pezzo. Sia che si tratti di scarti, ma anche solo di rilavorazioni, l’efficienza resta comunque compromessa.

Un partner d’eccezione: il fluido da taglio

Attrito, calore, temperatura da controllare: è lo scenario giusto in cui far intervenire il fluido da taglio! Ed infatti riveste un ruolo da attore protagonista, in grado di contenere il complesso mondo delle possibili criticità, strettamente legate fra loro, costruendo una sorta di equilibrio.

Il fluido da taglio deve:
• refrigerare adeguatamente l’area di contatto utensile-pezzo
• lubrificare l’area di strisciamento
• favorire l’allontanamento del truciolo
• proteggere il pezzo e l’utensile da ossidazione e corrosione

È evidente come tutte queste caratteristiche siano influenzate sia dai parametri tecnologici che dal materiale lavorato: esistono fluidi da taglio “generici”, cioè che possono essere utilizzati in ogni situazione, ma difficilmente possono essere considerati anche specificatamente ottimizzati. Infatti, il fluido da taglio, affinchè sia assicurata la buona riuscita del processo, deve innescare una serie di effetti favorevoli, fra cui :
– la riduzione delle temperature nella zona di taglio (effetto refrigerante)
– favorire un innalzamento generale della qualità della lavorazione, intendendo grado di finitura superficiale, rugosità, tolleranze sia geometriche che dimensionali…
– ridurre gli attriti laddove si ha strisciamento (effetto lubrificante)

Poiché l’attrito genera calore, è implicito lo stretto legame fra la diminuzione degli attriti e il contenimento della temperatura, cui consegue, per ricaduta, la diminuzione dell’usura dell’utensile (sia abrasiva che adesiva) con aumento della durata, oltre al miglioramento della qualità della lavorazione grazie al benefico effetto generale del contenimento delle derive termiche.

Ancora fisica nella lotta energetica

Cosa avviene nella zona di taglio? Sia la tecnologia meccanica che la fisica applicata hanno analizzato la situazione, dove le temperature raggiunte sono notevoli. Proprio a causa della temperatura il fluido da taglio tende ad essere respinto secondo una sfera di calore, che impedisce al fluido di arrivare laddove la sua azione è richiesta. In questa condizione è auspicabile, se non fondamentale, che il getto di fluido si posizioni il più possibile vicino al punto di lavoro, con una pressione tale da riuscire a “rompere” la sfera, in modo da far lavorare correttamente il lubrorefrigerante, che quindi potrà svolgere effettivamente i sui compiti: raffreddare e lubrificare il tagliente dell’utensile. Di fatto, questi sono i fondamenti su cui si basano gli utensili di ultima generazione.

Molti vedono e interpretano ciò che avviene nella zona di taglio come una sorta di “lotta energetica” che si combatte fra l’energia meccanica, impressa al fluido, e l’energia termica, generata dall’interazione pezzo-utensile-truciolo. E chi risolve il problema del bilancio energetico? La pressione!

Daniela Tommasi

Articoli correlati

La Redazione Manufacturing di Tecniche Nuove Spa presenta la decima edizione di Manufacturing News, il TG Online che aggiorna gli operatori […]

L’articolo vuole fornire alcuni spunti di riflessione utili alle aziende operanti nel settore della fresatura per pensare o ripensare alle […]

Daniele Bologna, direttore di Hermle Italia, ci racconta come il gruppo tedesco progetta e costruisce i suoi centri di lavoro […]

Heller rinnova la proposta delle soluzioni a 5 assi. Heller nasce a Nürtingen nel 1894 come piccola impresa artigianale. Oggi, […]