Con l’annuale congresso Stampi & Co., Ucisap ha voluto affrontare alcune delle tematiche più scottanti per l’industria contemporanea, fornendo a una platea di manager e imprenditori già di per sé resilienti una bussola per orientarsi nel mare delle difficoltà senza perdere opportunità di crescita.
Secondo il bocconiano Carlo Alberto Carnevale Maffè, attivo come imprenditore oltre che come docente del prestigioso ateneo milanese, i timonieri d’azienda non possono concedersi il lusso del pessimismo e anzi l’ottimismo è per loro un imperativo. Oggi più che mai, visti i venti di crisi che sull’industria soffiano da ogni parte.
Col tradizionale appuntamento congressuale di Stampi & Co., Ucisap (Unione Costruttori Italiani Stampi e Attrezzature di Precisione, di cui la rivista Stampi è organo ufficiale) ha voluto dare ai suoi associati, intervenuti in numero record, più di un’indicazione su come superare indenni le presenti bufere e non lasciarsi scappare le opportunità che il mercato presenta.
Non si ferma il business; neppure i conflitti stoppano l’innovazione e a spiegarlo è stato anche il vicedirettore ed editorialista de Il Corriere della Sera, Federico Fubini, in collegamento da Kiev. Là dove cioè con le stampanti 3D si fabbricano ai margini dei campi di battaglia le parti dei droni destinati a essere utilizzati a scopi militari; e dove nonostante la furia dei raid lo sviluppo di software e nuove tecnologie non conosce soluzione di continuità.
A proposito di Ucraina, una volta messe a tacere le armi sarà tempo di ritornare alla normalità e nella ricostruzione, come ha osservato di nuovo Carnevale Maffè, l’industria occidentale potrà giocare un ruolo da protagonista.
Non buttiamoci giù
Tutto sommato, poi, le prospettive per l’impresa sono meno terribili di quanto a volte si tenda a descriverle. Basti pensare al fatto che per le economie avanzate si prevede una crescita del Pil pari all’1,7% quest’anno e all’1,8% il prossimo. Per l’Italia, in particolare, si ipotizza un +0,7% di Pil nel 2024 e un +0,9% nel 2025.
Certo, gli ostacoli sono parecchi e nelle secche l’Europa si è cacciata spesso a suon di scelte sbagliate: basti vedere come in tempi di transizione verde sia la Cina a fare la parte del leone nella produzione di tecnologie per l’energia rinnovabile.
Emergono altresì rivali nuovi a cominciare da un’India in piena fase di slancio; e dal punto di vista della capitalizzazione di mercato il divario fra Ue e Stati Uniti si è enormemente ampliato negli ultimi vent’anni.
La perdurante stagnazione italiana e adesso le tribolazioni della Germania – a sua volta responsabile di gravi errori in tema di auto ed energia – sono zavorre pesanti ma le chance di recupero e sviluppo sono ancora numerose e incoraggianti, purché si riesca a cambiare mentalità. La sfida coinvolge sì le aziende ma insieme a loro le istituzioni e – perché no? – i mondi accademico e della ricerca.
È un modello rivoluzionario, quello che giocoforza si deve adottare nell’opinione di Carnevale Maffè; e il suo motore primo non sono tanto i prodotti in sé quanto i servizi, i dati, l’AI destinata ad attrarre globalmente un 27% in più di investimenti entro il 2032. Per trarne il meglio serve una scossa. In termini di forniture elettriche, perché i data center sono affamati di elettricità (+2,4% l’incremento al 2030 del fabbisogno negli Usa, che ne vanta il 53% globale contro il 16% europeo); e in termini di competenze.
Il nostro paese sconta i costi energetici più alti d’Europa e se la sua meccanica vuole confermarsi primattrice deve sapersi trasformare. E la trasformazione non può che far rima con digitalizzazione e andare a braccetto con strategie di coprogettazione oltre che con un più spinto ricorso a i digital twin, appunto, il cui volume d’affari sale del 40% all’anno.
Se è infine indispensabile un know how al passo coi tempi, è necessario agire per invertire un trend che posiziona la Penisola ai primi posti in Europa per la spesa in macchinari e agli ultimi per i budget indirizzati all’R&D e alla proprietà intellettuale.
Non da ultimo, la conquista di una maggior attrattività e competitività impone l’allineamento della didattica alle esigenze dell’industria – anche su questo soffriamo il confronto col resto dell’Ue – e l’adeguamento dei salari. Tuttora, il reddito dei dipendenti italiani per ora lavorata, e lo stesso potere d’acquisto, sono distanti dalle medie europee.
Quel che vogliono i millennial
Randstad Research è attiva dal 2019 come centro di ricerca indipendente all’interno del gruppo Randstad e per affrontare i temi dello skill shortage e skill gap si è chiesta per bocca della research coordinator Maria Berardi che cosa effettivamente i giovani cerchino in un posto di lavoro. Lo ha fatto alla luce dei trend che più impattano il panorama occupazionale e l’economia stessa, ovvero la sostenibilità, l’innovazione tecnologica e le tendenze demografiche.
Si pronostica infatti che nel 2050 ci saranno in Italia 308 persone sopra i 65 anni di età ogni 100 quindicenni: in gioco c’è quindi la tenuta del sistema previdenziale e con esso del nostro delicato equilibrio sociale.
Trovare qualcuno che lavori e contribuisca al Pil e al complessivo benessere nazionale non è semplice. Il 42,3% delle imprese ascoltate da Randstad Research lamenta la difficoltà di trovare risorse giovani e il 63,4% la mancanza di candidati; il 25,9% la loro inadeguatezza. La società si è rivolta proprio ai giovani, allora, e per la precisione a un campione internazionale di circa 173 mila soggetti dei quali oltre 6.700 nel nostro paese, di età compresa fra 18 e 64 anni e non necessariamente occupati. A essi si sono aggiunte poi più di 6.000 aziende. Ne è emerso che in cima alla lista delle priorità gli italiani mettono l’equilibrio fra lavoro e vita privata (62%) mentre in Europa e nel mondo si predilige l’attrattività dei salari e dei benefit.
Le possibilità di carriera sono all’ultimo posto (49%) precedute da sicurezza dell’impiego (51%); retribuzione (57%); piacevolezza degli ambienti di lavoro (60%). Per le donne il worklife balance è più importante che non per gli uomini (67-56,5%) e così la gradevolezza dell’atmosfera (66-52) e la stabilità occupazionale (55 contro il 46%).
Purtroppo, il maschio mediterraneo (40%) pare poco interessato all’equità, decisiva per il 57% delle signore. D’interesse è anche il fatto che il rispetto della sfera privata sia fondamentale per tutte le fasce di età comprese fra i 18 e i 54 anni e indipendentemente dal grado di istruzione dichiarato dai rispondenti; un luogo di lavoro piacevole acquista peso dai 55 anni in avanti. Tuttavia, un compenso giudicato troppo basso rispetto al costo della vita è (stato) ragione di dimissioni per il 41% degli intervistati.
Come soddisfare le aspettative
Berardi e Randstad Research hanno ritenuto degno di nota che al 22% dei lavoratori, stando ai dati della survey, non siano offerte sufficienti chance di crescita e perciò (40%) siano bendisposti a cercarsi un altro datore.
Sono soddisfatti gli appartenenti alla Gen Z (54%) e i più istruiti (55) e l’80% delle voci ha segnalato la centralità delle politiche di riqualificazione. Sono queste le cifre che mettono in luce la difficile corrispondenza fra le aspettative della forza lavoro e l’offerta.
Qualcosa sta però cambiando visto il più marcato accento che negli annunci di lavoro si sta stanno conferendo ai desiderata dei potenziali addetti, aggiungendovi il plus dello smartworking. Risultano valorizzate anche formazione e carriera; inclusione, benessere e valori condivisi sono da ritenersi i pilastri dell’occupazione che verrà, tanto per il personale senior quanto per i millennial.
Di fronte a uno scenario tecnologico in continuo e imprevedibile cambiamento la strategia vincente è rappresentata da una formazione e un upskilling altrettanto continui, da compiersi col contributo congiunto del settore pubblico e dell’industria privata.
Insieme al learning-by-doing inteso come sintesi fra didattica, ricerca e apprendimento ininterrotto sono questi i cardini del paradigma di successo illustrato dal docente ingegner Francesco Leali per l’Università di Modena-Reggio Emilia. Quest’ultima è una delle quattro che sul territorio hanno dato vita a MUNER Motorvehicle University of Emilia Romagna – le altre sono Parma, Ferrara e l’Alma Mater di Bologna – che gode del supporto di 18 marchi motoristici di spicco per lo sviluppo di otto piani di dottorato specialistici.
Se il modello ha successo (100% di assunzioni post laurea) è perché MUNER e gli atenei coinvolti abbracciano le sfide dell’innovazione, dall’elettrificazione allo studio dei materiali e ai veicoli con guida autonoma, e alle trattazioni teoriche uniscono con efficacia attività di sperimentazione pratica.
Né di minor rilievo è il dialogo con il Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile, MOST, che già impiega quasi 700 ricercatori e attende altri 574 professionisti beneficiando altresì di un plafond triennale da 378 milioni di euro.
È su un humus tanto fertile che germogliano iniziative quali il progetto MASA, laboratorio a cielo aperto per la sperimentazione delle soluzioni di guida connessa e autonoma; o come Innovation farm, che punta a erogare una preparazione tecnica di alto livello grazie allo sforzo congiunto dell’imprenditoria e delle istituzioni locali e delle scuole professionali.
L’auto rallenta; la filiera reagisce
Per conto dell’Associazione Nazionale della Filiera dell’Industria Automobilistica, Anfia, è intervenuto a Stampi & Co. a Coccaglio (Brescia) il vicepresidente Marco Stella.
Superfluo soffermarsi sulle difficoltà di un’industria che nel nostro paese ha assistito a un calo delle produzioni di autoveicoli superiore al 20% dal 2021 a oggi mentre fra 2023 e 2024 le vendite sono salite del 4,6% soltanto. E dove sia le importazioni (-7,4% fra la prima metà del 2023 e il primo semestre del 2024) sia l’export (-1,8% nel medesimo periodo) patiscono.
Meglio evidenziare, della riflessione di Stella, la pars construens tesa a contrastare la possibile contrazione del 50% di fatturato, per 7 miliardi di euro, del settore della componentistica.
A quattro mani con AlixPartners, Anfia ha raccolto i contributi del Tavolo di Lavoro Automotive cui ha preso parte con il Ministero per le Imprese e il Made in Italy, Stellantis, le regioni ospitanti gli impianti del gruppo e le parti sociali.
Obiettivo del confronto è stato quello di identificare i gap di competitività che ci separano da Francia, Spagna, Germania ed Est Europa – specie costi energetici, del lavoro e logistici – per porvi infine rimedio.
Il traguardo è fissato a un milione di vetture prodotte sul territorio nel periodo 2028-2030 puntando sulla valorizzazione dell’R&D e delle competenze dei fornitori di componenti.
Elettrificazione e transizione verde sono chiaramente stati oggetto di riflessione per le ricadute occupazionali negative (20-40 mila impieghi) che potrebbero comportare.
È stato messo a punto un piano fatto di quattro indirizzi tematici: il primato della manifattura locale e la relativa incentivazione della domanda; e il miglioramento dei principali (e già citati) fattori di competitività. E ancora, ricerca e sviluppo e attrazione degli investimenti dall’estero e, al quarto posto, la riconversione e il sostegno all’occupazione.
Dai quattro indirizzi originano venti aree di lavoro basate su linee guida e principi condivisi. Dall’adozione di un orizzonte pluriennale al confronto e al focus internazionali, passando per l’attuazione di partnership pubblico-privato e l’implementazione di misure condivise fra istituzioni centrali e regionali alla luce di piani di governance ben definiti.
Il Fondo Automotive è a oggi la principale fonte di risorse cui attingere in ottica futura; altre dovranno essere messe a punto a breve insieme a un sistema di orientamento e assistenza alle imprese circa le misure attuate.
La parola alle imprese
I consumi energetici agitano i sonni di chi fa business e attorno al loro monitoraggio ruota il Piano Transizione 5.0 del quale ha argomentato l’amministratore delegato di Vero Project, Antonio Perini.
Sul piatto il governo ha messo allo scopo un totale di 6.3 miliardi da investire in fonti rinnovabili, beni strumentali ad hoc e formazione.
Più che mai qui i dati sono preziosi e utili per misurare con esattezza e implementare fruttuose politiche di efficientamento, col supporto di un’intelligenza artificiale sempre meno confinata all’ambito delle letture statistiche e sempre più importante per elaborare proposte strategiche creando innovazione e sostenibilità economica, energetica e sociale.
Di innovazione di prodotto e ricerca sui materiali ha parlato Engel, che col managing director italiano Matteo Terragni ha presentato una carrellata degli ultimi approdi del suo R&D nello stampaggio a iniezione. Il riferimento è in particolare alla domanda di alleggerimento strutturale (e non solo) in arrivo dai costruttori auto.
La mobilità si declina in più forme, però, e non è un caso che la stessa Engel si sia dedicata anche allo stampaggio a iniezione di telai per bicicletta con poliammide e fibra di carbonio. Il risultato è stato quello di consentire al brand cliente che ne ha adottate le soluzioni di crescere a ritmi vertiginosi.
Digitalizzazione e incremento numerico della forza-lavoro non sono fra loro nemici e a darne prova è stato l’ingegner Antonio Faccio, il quale per GF Machining Solutions – di cui è business unit manager sales & services – ha illustrato i traguardi colti con una policy fondata sui concetti di caring, cioè attenzione alle persone, learning e performance.
Si doveva migliorare l’assistenza ai clienti e lo si è fatto potenziando le attività dell’accademia interna e centralizzando la gestione dei 550 tecnici attivi nel mondo con un’unica piattaforma applicativa.
L’AI è un pilastro della soluzione Mobile parts finder (Mps) attesa per il 2025 e il cui fine è agevolare e velocizzare la ricerca di componenti tramite l’invio di immagini via app.
In due anni la multinazionale ha visto aumentare del 15% il personale di servizio e si è riorganizzata consolidando il ruolo del middle management, arruolando un esperto di change management e istituendo una carica di local guide organica all’azienda e a costante contatto coi colleghi. Ha curato fra i tecnici l’equilibrio fra home office e lavoro sul campo mostrando che innovazione e artificial intelligence non sono rivali, bensì invece alleate della manifattura che cambia ed evolve.
Congresso delle materie plastiche: ogni anno un appuntamento imperdibile
Tecniche Nuove era presente in qualità di sponsor all’evento con la rivista Stampi e anche per promuovere il Congresso della Materie Plastiche organizzato dalla rivista consorella Plastix e da TMP, l’associazione dei tecnici della materie plastiche.
Al momento in cui scriviamo il congresso è imminente: si tratta di un evento che ormai è diventato un appuntamento fisso e imperdibile che ospita esperti provenienti dal mondo dell’imprenditoria e dell’università che si riuniranno per condividere le più recenti scoperte, le migliori pratiche e le soluzioni tecnologiche rivoluzionarie che stanno trasformando l’industria delle materie plastiche. Tutto all’insegna dell’innovazione.
Roberto Carminati