È al cuore della lavorazione per asportazione di truciolo. È la lubrorefrigerazione, il “legante” fra macchina utensile, utensile e qualità di processo. Ed è un legante che, dinamicamente, cresce e si evolve con le esigenze
di Daniela Tommasi
Lubrificare e raffreddare. Un compito semplice, almeno apparentemente. Quello di cui si sta parlando è la lubrorefrigerazione che, ormai da tempo, è considerata strategica ai fini di una lavorazione all’utensile efficace, efficiente e che assicuri i livelli di qualità e precisione desiderati. Senza voler ripercorrere la storia e l’evoluzione del concetto di lubrorefrigerazione, è però interessante vedere i nuovi trend e cosa stia cambiando.
Oggi è ormai chiaro che un processo produttivo sarà tanto più stabile ed efficiente quanto più la lubrorefrigerazione sarà precisa e mirata, con un fluido pulito, privo di “inquinanti”, e sicuro per gli addetti e per l’ambiente.
Consapevolezza ed attenzione
Dato per acquisito il ruolo fondamentale della lubrorefrigerazione, è evidente come, con l’evolversi del mercato, dei materiali, della tecnologia, anche prodotti e concetti alla base della lubrorefrigerazione hanno fatto un salto di qualità.
Cosa sta cambiando? In primis, l’attenzione al prodotto lubrorefrigerante: si potrebbe dire che si sta assistendo al diffondersi di un nuovo tipo di “cultura” che affianca alle performance di taglio la salubrità e la sostenibilità. Proprio la questione culturale è la vera novità, il vero cambiamento che, a catena, porta a nuove concezioni sia di prodotto che di attrezzature e tecnologie. E, vale la pena sottolinearlo, ne guadagna, anche il conto economico finale di processo.
Il prodotto
Secondo recenti studi che hanno valutato, sia a livello mondiale che locale, le aspettative degli utilizzatori di fluidi da taglio, negli ultimi 15 anni, si sono progressivamente spostate: se la performance restano, come è prevedibile, in pole position, il “prezzo” del prodotto è stato soppiantato dalla sicurezza per gli addetti, subito seguita dalla sostenibilità ambientale.
Si tratta di un segnale importante per i produttori, che sono impegnati a studiare nuove formulazioni, sia delle basi che degli additivi, che rispondano sia alle esigenze di produzione che a quelle di salubrità e sostenibilità.
Come riportato in un recente Factsheet SUVA del 2018 a firma di Michael Koller, “[i lubrorefrigeranti] sono un gruppo di sostanze molto eterogenee, costituite da un olio di base e da diversi additivi. L’olio di base può essere un olio minerale, un olio estere naturale o un olio sintetico. Gli additivi comprendono biocidi, agenti antiruggine, emulsionanti, ecc. L’utilizzo dei lubrorefrigeranti comporta la produzione di sostanze secondarie quali nitrosamine, idrocarburi policiclici aromatici o materiale fine di abrasione dei metalli”. I produttori sono tenuti a seguire le indicazioni sui lubrorefrigeranti fornite dalla direttiva Europea REACh, con l’elenco delle sostanze pericolose monitorate e periodicamente aggiornato da ECHA, con un orientamento sempre più marcato verso una base di oli esteri naturali. Il grosso vantaggio è rappresentato dalla bassa evaporazione, oltre che dalla biodegradabilità. Inoltre, rispetto all’olio minerale, che proviene dal petrolio grezzo, l’estere proviene da fonti rinnovabili ed ha una importante compatibilità igienico-sanitaria.
La manutenzione e lo smaltimento
Un aspetto che, fino a qualche tempo fa, era ampiamente sottovalutato, se non completamente trascurato, è la manutenzione del fluido, ovvero la sua pulizia, il cui compito è relegato alla filtrazione. Anche alla filtrazione si sta dedicando sempre maggiore attenzione, avendola riconosciuta “colpevole” di inefficienze anche gravi. Si sta dunque assistendo ad un progressivo spostarsi dalla tradizionale filtrazione meccanica, basata su materiali consumabili, cioè i filtri ricambiabili a cartuccia o a sacchetto, verso sistemi via via più evoluti, che assicurano livelli di filtrazione anche molto elevati, costanti nel tempo, e non soggetti alle fluttuazioni dovute al progressivo intasamento dei filtri. Poter evitare l’uso dei consumabili significa evitarne anche lo smaltimento, con un vantaggio economico: non si acquista né si deve smaltire.
Un fluido ben manutenuto è un fluido pulito, libero da oli estranei e particelle solide con dimensioni superiori a 10 µm, dimensione che può comunque scendere anche sotto il micron in funzione del tipo di lavorazione e della qualità richiesta.
Il risultato della filtrazione, ovvero l’esausto, deve essere smaltito, con un costo diretto che incide sui costi totali di processo. Non solo: l’impatto sull’ambiente è significativo. Infatti le aziende specializzate nella rigenerazione degli esausti sono energivore, con una produzione di CO2 ed altri inquinanti che, in misura più o meno ragguardevole, si disperdono nell’ambiente. Se fino a qualche anno fa gli esausti, con volumi e pesi ragguardevoli, essendo un mix di fluido, truciolo e particelle varie, venivano smaltiti come rifiuto speciale, talvolta etichettato come tossico o pericoloso, con un servizio offerto da aziende specializzate, oggi le cose stanno cambiando grazie ai compattatori di trucioli. Questi sistemi permettono di compattare il truciolo in brik, riducendo il volume in maniera significativa (5÷10 volte), trasformando lo scarto in risorsa. Infatti, oltre ad una riduzione dei volumi, con conseguente riduzione degli spazi per la raccolta e dei costi per il trasporto, si ha il recupero del lubrorefrigerante, generalmente perso, che può essere reimmesso nel circuito, e i brik possono essere venduti come rottame. Anche questo nuovo traguardo della tecnologia va nella direzione della sostenibilità.
La microfiltrazione
Quando la filtrazione raggiunge valori di 1÷4 µm, ma comunque sempre sotto 5÷7 µm, si parla di microfiltrazione, ed è una condizione su cui il manifatturiero sta ponendo molta attenzione, anche se la diffusione è ancora limitata. L’interesse nasce sia dalla spinta del mercato che richiede i manufatti con qualità e precisione sempre maggiori, che dal forte incremento delle lavorazioni in alta pressione. Infatti, lavorando in alta pressione, per garantire l’integrità e la qualità superficiale richieste, il lubrorefrigerante deve essere estremamente pulito, pressoché privo di particelle abrasive, anche di piccole dimensioni.
Il diffondersi della microfiltrazione è anche dovuto alla disponibilità di sistemi evoluti di filtrazione che permettono di superare, in maniera più economica e performante, l’intoppo legate alle tecnologie di filtrazione tradizionali ed alla natura del filtrante.
L’automazione
Nell’era dell’automazione, delle lavorazioni non presidiate, poteva la lubrorefrigerazione non essere coinvolta? Ovviamente no. Si sta assistendo infatti ad un forte interesse verso soluzioni che siano in grado di rabboccare automaticamente il fluido da taglio, sostituendo il lavoro svolto da un operatore che, munito di secchio, o equivalente, ripristina, macchina per macchina, il livello del fluido da taglio, mantenendone la concentrazione desiderata (si spera!). Il concetto di “rabbocco automatico” è stato per molto tempo accantonato, se non addirittura osteggiato, a causa di un problema di affidabilità legato alla gestione dei livelli e delle soglie di sicurezza da impostare sulle varie macchine, in modo da scongiurare il rischio di allagamenti dell’officina. Oggi il mercato propone soluzioni in grado di garantire la corretta concentrazione del fluido da taglio e di intervenire col corretto rabbocco al raggiungimento della soglia minima, evitando così che venga rimessa in circolo una notevole quantità di sporco che, in condizioni di livello ottimale, sarebbe invece rimasto depositato.
Questi sistemi, che rientrano in un quadro di automazione di processo, offrono indubbi vantaggi, da quello economico, legato al risparmio di lavoro manuale degli operatori, al miglior rendimento delle macchine utensili, per arrivare ad una riduzione sensibile del consumo di olio emulsionabile. Infatti la gestione è automatica e non soggettiva e, di conseguenza, approssimata, come spesso accade quando la gestione è manuale.