Una macchina utensile deve avere una struttura tale da reggere le sollecitazioni, sia statiche che dinamiche, quindi rigidezza e capacità di smorzare le vibrazioni sono una condizione imprescindibile. E’ qui che per il costruttore Zayer entra in gioco la ghisa perlitica.
È l’era in cui la produzione è costretta a rincorrere, se non addirittura anticipare, il mercato, un mercato incalzante, che cambia velocemente e che richiede tecnologie e strumenti che ne tengano il passo. La produzione deve adeguarsi, puntando su sistemi sempre più efficienti e flessibili, ed è in questo scenario che alla macchina utensile, cuore pulsante di ogni azienda manifatturiera, sono richieste prestazioni tali da garantire l’incremento della produttività, che passa necessariamente attraverso l’incremento dei parametri tecnologici di taglio, dalla velocità di asportazione, all’aumento dell’avanzamento e/o della profondità di passata. Questo significa che la macchina utensile deve avere una struttura tale da reggere le sollecitazioni, sia statiche che dinamiche: rigidezza e capacità di smorzare le vibrazioni sono una condizione imprescindibile.
Proprio di struttura e smorzamento delle vibrazioni si è parlato con Rosario Palmeri, amministratore delegato di Zayer Italia Srl, filiale italiana dell’omonima società spagnola.
Zayer costruisce macchine utensile di grandi dimensioni: l’accuratezza nella progettazione è importante, così come lo sono i materiali. Recentemente sono state riprogettati i basamenti delle vostre macchine sfruttando le potenzialità dell’analisi ad elementi finiti per ottimizzare le strutture e avete riconfermato la scelta della ghisa perlitica.
Le aziende manifatturiere chiedono alle macchine utensili di essere progettate in linea con le esigenze dettate dal mercato in termini di flessibilità e produttività. Se l’analisi FEM ci aiuta da un punto di vista strutturale, per quanto riguarda i materiali, molti sono gli studi riguardo l’impiego di materiali innovativi, ma, soprattutto quando la taglia della macchina è medio-grande o grande, la preferenza continua ad essere la ghisa perlitica, con strutture monolitiche. Negli anni passati sono state studiate strutture in acciaio elettrosaldato, che risponderebbero meglio a criteri di risparmio energetico, ma sembrano presentare, nel tempo, cedevolezze superiori alla ghisa che non sempre possono essere accettabili.
Quindi per Zayer la ghisa perlitica è una scelta strategica?
“Rispetto alle altre ghise, quella perlitica presenta meno inclusioni ed è più uniforme: questo significa diminuire il rischio di formazione di cricche durante la lavorazione, quindi meno scarti, Ma c’è anche meno rischio che propaghino cricche non identificate, per esempio per effetto della fatica, nel corso della vita della macchina utensile, con possibili rotture di componenti. Rispetto all’acciaio, la ghisa ha una maggiore rigidità, e questo è un gran vantaggio dal punto di vista della indeformabilità della macchina e, di conseguenza, della sua precisione. Se poi ragioniamo sulle lavorazioni, considerando quelle ad elevato volume di truciolo, oltre all’elevata asportazione, ci sono l’alto numero di giri e la velocità nel movimentare l’utensile. Le grandi asportazioni si appoggiano a tecnologie moderne, che utilizzano utensilerie di nuova concezione, che prevedono lavorazioni con profondità di passata più contenute, ma una velocità di lavoro elevata. Questo porta a generare una quantità di truciolo nell’unità di tempo maggiore rispetto ad asportazioni con maggiore profondità di passata, ma minor velocità. Ed anche in questo caso la ghisa perlitica porta vantaggi: dinamicità del sistema macchina, ma con resilienza e rigidità maggiori rispetto a strutture elettrosaldate, a conferma di una maggiore capacità di asportazione“.
La ghisa perlitica si conferma una scelta strategica, ma certamente ha il suo peso il processo fusorio: in fondo non è sufficiente parlare di “ghisa perlitica”.
“La ghisa perlitica utilizzata per le parti strutturali delle macchine utensili deve essere di qualità perché è importante che abbia una buona lavorabilità, con minime inclusioni. Questo significa che molto dipende dalla fonderia e dal processo, motivo per cui alcuni costruttori di macchine utensili hanno una propria fonderia o, in alternativa, si rivolgono a fonderie certificate, in grado di assicurare un prodotto in linea con gli standard richiesti. Le fonderie proprietarie ovviamente si sono specializzate nel produrre una ghisa perlitica in linea con le richieste progettuali della macchina e, in linea di massima, si tratta di una ghisa più ‘pura’ per quanto riguarda la composizione. L’analisi riguarda principalmente il carbonio e la sua dislocazione all’interno della matrice“.
Talvolta, rivolto alle ghise, si sente parlare di ghise “più acciaiose”: cosa significa e che cosa comporta nel caso di parti strutturali?
“In gergo, alcune ghise perlitiche vengono definite più acciaiose perché la presenza di alcuni componenti le rendono più dure, ma anche meno pure: ciò può procurare problemi durante la lavorazione a causa della presenza di inclusioni che possono rendere difficoltosa la lavorazione stessa. E, in casi estremi, può addirittura comprometterla. Con queste ghise, il pericolo più insidioso è rappresentato dall’innesco di cricche a rottura perché le rotture, che possono essere a fatica, possono manifestarsi nel tempo, non necessariamente durante la lavorazione. Anche una rottura durante la lavorazione della fusione può essere un dramma perché, se si manifesta il problema, per esempio sulla fusione di una colonna verticale di 4 metri, non si può pensare ad una riparazione, ma l’intero pezzo va sostituito: una simile fusione può richiedere anche 4-5 mesi, creando rallentamenti e problemi a tutto il progetto“.
Quindi torniamo al processo fusorio e alla centralità di come viene condotto, al ruolo delle analisi finali sul fuso, prima che venga lavorato.
“Alcune realtà non hanno tecnologie fusorie particolarmente spinte e all’avanguardia, quindi anche il prodotto finale è meno pregiato: certamente è meno costoso, ma sono anche maggiori i rischi. Questo non vuol dire che sia da scartare, ma probabilmente andrà bene per applicazioni non strutturali.
La ghisa perlitica di qualità, messa a punto per soddisfare le specifiche esigenze di parti strutturali di macchine utensili, presenta un rischio di cricche e inclusioni molto contenuto. Talvolta se l’analisi evidenzia cricche o inclusioni si può ricorrere alla saldatura, o ad altri processi certificati che permettano la riparazione, ma è comunque sempre un rischio: col tempo, possono crearsi problemi a livello di lavorazione meccanica. I costruttori di macchine utensili sono tenuti dalla normativa a dare una garanzia a vita alla macchina per quanto riguarda i difetti occulti, che potrebbero generare problemi anche gravi, potenzialmente mettendo a rischio la vita degli operatori. La scelta di strutture monolitiche in ghisa perlitica è anche dettata dal fatto che la ghisa ha caratteristiche tecnologiche che la rendono resistente e costante nel tempo rispetto, per esempio, alle già citate strutture elettrosaldate, che sono più soggette a deformazioni, ma soprattutto alle dilatazioni. Questo fa sì che, aldilà del problema legato alle vibrazioni, una struttura monolitica in ghisa perlitica risponda egregiamente a esigenze di precisione che si mantengano nel tempo“.
Oltre al materiale, ovvero la ghisa perlitica, spesso aggiunge “monolitica”: perché?
“Monolitica significa essere fatta in un unico blocco, non assemblata. Dunque, pensiamo alla cosiddetta lavorazione gravosa, cioè ad una lavorazione, in genere su materiali tenaci, soggetta a elevate profondità di passata, dove lo spessore del sovrametallo è elevato, con ‘croste’ impegnative, molto dure, che vedono impegnati utensili con diametro > 80 mm. Eseguire una lavorazione gravosa su una macchina utensile con strutture in ghisa monolitica significa operare in maniera più performante, con una maggiore facilità di gestione del processo, senza rischio di vibrazioni e di innesco di fenomeni di risonanza dell’utensile e/o del manufatto: entrare in zona di risonanza significa porsi in una condizione veramente critica! Passate profonde, con avanzamenti elevati: il rischio di vibrazioni ovviamente c’è, ma se la struttura, oltre ad essere in ghisa perlitica è anche monolitica, non si propagano proprio perché la struttura è resiliente e molto tenace“.
Qualche richiamo di metallurgia
Come è noto, le ghise sono leghe Fe-C con percentuali di carbonio maggiori della massima miscibilità nell’austenite. Non è detto che questo limite sia sempre il 2,11% ma, come si evince dal diagramma Fe-C, può variare con gli elementi in lega, in particolare al variare del tenore di silicio.
Caratteristiche generali della ghisa sono la non deformabilità sia a caldo che a freddo, la struttura fortemente anisotropa a causa della presenza di grafite, l’alta colabilità e la temperatura di fusione, che è la più bassa fra le leghe Fe-C. La ghisa ha anche una notevole scorrevolezza allo stato fuso che la rende particolarmente idonea alla fusione di getti anche di forma complessa.
A pari tenore di carbonio, la struttura di una ghisa varia al variare degli elementi in lega e della velocità di raffreddamento, con una ricaduta su microstruttura, lavorabilità e caratteristiche meccaniche. Dal diagramma di Maurer è possibile stabilire, in via approssimata, la struttura e le conseguenti caratteristiche meccaniche, in funzione degli elementi in lega e delle velocità di raffreddamento.
Caratterizzata da decisa stabilità dimensionale ed elevato smorzamento delle vibrazioni, grazie alla presenza di grafite, oltre che da stabilità termica, la ghisa perlitica è ampiamente impiegata per le parti fisse delle macchine utensili, quali basamenti e montanti; nel caso di macchine utensili di grandi dimensioni è ormai quasi una scelta obbligata la struttura monolitica in ghisa perlitica, ma con una progettazione ad elementi finiti che permetta di mantenere le caratteristiche strutturali desiderate con componenti di minor peso, e conseguente risparmio energetico nell’utilizzo corrente.
Daniela Tommasi