Il futuro della fluidodinamica computazionale

Sanzia Milesi

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Quali sono gli ultimi sviluppi e le effettive opportunità di utilizzo della simulazione al computer in ambito oleodinamico? Abbiamo parlato delle ultime ricerche del Politecnico di Torino in ambito simulazione CFD dei componenti oleodinamici con il professor Massimo Rundo.

Condotti dal Politecnico di Torino presso il Fluid Power Research Laboratory, diversi studi con validazione sperimentale hanno contribuito a sviluppare una sempre miglior conoscenza della modellazione fluidodinamica con simulazione CFD, rendendo possibile la comprensione dei fenomeni fisici e l’identificazione dei parametri che maggiormente influiscono sul comportamento dei componenti. Di queste ricerche abbiamo parlato direttamente con il professore Massimo Rundo. Coordinatore del Laboratorio di Oleodinamica, lo scorso anno l’ingegner Rundo è stato per altro promotore di un interessante appuntamento all’Energy Center del Politecnico di Torino: il convegno su “L’Oleodinamica di domani: la ricerca e le novità del settore”, che ha coinvolto più di 134 partecipanti da 63 diverse realtà, per un totale di 23 interventi, che hanno tracciato le più recenti traiettorie dell’oleodinamica. Una di queste riguarda proprio il futuro della fluidodinamica computazionale, ed è con lui che di seguito siamo entrati in ogni dettaglio.

Quali sono le premesse nell’approcciare la simulazione al computer in ambito oleodinamico?

La simulazione al computer è diventata uno strumento indispensabile in vari settori dell’ingegneria per progettare e ottimizzare componenti e sistemi. Negli ultimi anni, una tecnica che ha guadagnato sempre più popolarità è la fluidodinamica computazionale (CFD). Questa si contrappone all’approccio a parametri concentrati, detto anche 0D, che era quasi esclusivamente utilizzato in passato a causa della limitata potenza di calcolo disponibile. Anche l’oleodinamica beneficia di queste tecnologie, poiché permettono di valutare le grandezze interne e calcolare le prestazioni di pompe, attuatori, valvole, nonché sistemi più o meno complessi. La differenza tra le due metodologie riguarda il modo di discretizzare il volume fluido a cui si applicano le equazioni. Facendo l’esempio di una pompa ad ingranaggi, l’approccio 0D consiste nel suddividere il dominio fluido in pochi volumi con proprietà omogenee, tipicamente un volume di controllo associato a ciascuna camera delimitata tra due denti consecutivi dei rotori, più altri volumi costanti rappresentanti i condotti di aspirazione e mandata. Nell’approccio CFD, il volume di fluido viene suddiviso in una moltitudine di celle elementari, tipicamente fino a qualche milione. Nell’esempio riportato, in cui il livello di pressione è rappresentato da un colore diverso, si può osservare che nel modello CFD è possibile mettere in evidenza la variazione delle grandezze di interesse all’interno delle singole camere.

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