Culle vuote e tecnici di domani

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culle vuote e tecnici di domani

L’“inverno demografico” si è consolidato anno dopo anno con impatti diretti sulle aziende, l’economia e la futura competitività del nostro Paese. Per superare la complessa difficoltà di reperire profili professionali, in molti ambiti produttivi, si punta sulla formazione interna

Culle vuote e tecnici di domani

La cronica carenza di personale con competenze elevate, soprattutto in ambito tecnologico, potrebbe aggravarsi nei prossimi anni a causa della somma di alcuni fenomeni: il costante calo delle nascite, la disoccupazione giovanile e l’elevato tasso di abbandono scolastico. In particolare, il primo trend, la denatalità potrà essere un ostacolo al passaggio generazionale delle conoscenze e competenze. Secondo i dati Istat nel 2022 le nascite hanno registrato un calo dell’1,7% rispetto al 2021 e anche nei primi sei mesi del 2023 ci sono state circa 3.500 nascite in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo trend, definito “gelo o inverno demografico”, si è consolidato anno dopo anno con impatti diretti sulle aziende, l’economia e la futura competitività del nostro Paese.

Trovare le giuste competenze

Negli ultimi dieci anni il numero di persone tra i 15 e i 34 anni è sceso di quasi un milione, dunque oggi le imprese faticano a trovare i profili adeguati anche perché, oltre al costante calo delle nascite, i giovani italiani scontano un livello di povertà educativa molto elevato: secondo dati Eurostat l’Italia nel 2022 è risultata il quinto Paese europeo con più abbandoni scolastici precoci, oltre al fatto che nel nostro Paese un giovane su cinque è Neet, ovvero non studia, non lavora e non fa formazione (Not in Education, Employment or Training). L’intersecarsi di queste criticità interessa sostanzialmente tutti i settori, dal comparto industriale a quello dei servizi e dalle proiezioni di più ricerche emerge che questo trend andrà peggiorando   nei prossimi anni: tra il 2023 e il 2027, secondo una stima dei fabbisogni occupazionali fornita dal Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere – Anpal, serviranno poco meno di tre milioni di lavoratori “nuovi” per sostituire quelli che, secondo le attuali regole, andranno in pensione. Ma secondo le elaborazioni dell’Istat fino al 2030 la popolazione di 18-58 anni diminuirà a un tasso dell’1% annuo. Già oggi le maggiori difficoltà di reperimento riguardano i tecnici specializzati e gli esperti nella conduzione di macchinari e impianti, oltre a saldatori, montatori di carpenteria metallica, tecnici della gestione dei processi produttivi, ecc…

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Percentuale di PMI, suddivise per Paese, che hanno dichiarato di avere difficoltà a reperire le competenze necessarie

Una questione europea

Secondo i dati elaborati in un’indagine realizzata dal Parlamento Europeo sulla situazione delle competenze nelle PMI, il 74% delle imprese ha problemi a trovare le giuste competenze o a trattenerle. Nello specifico dalla ricerca emerge che per il 95% delle piccole e medie imprese è molto (82%) o moderatamente (13%) importante per il proprio modello aziendale disporre di lavoratori con le giuste competenze. Questa necessità però è difficile da soddisfare: dalle interviste risulta che 4 imprese su 5 faticano a trovare le competenze di cui hanno bisogno. E anche una volta trovate, le difficoltà non terminano: il 53% delle PMI intervistate ha, infatti, dichiarato di avere difficoltà a trattenere queste competenze all’interno del proprio perimetro aziendale. In questo contesto lItalia è tra i Paesi in cui questa problematica è più accentuata: ben il 63% delle piccole e medie imprese ha confermato questa criticità. Per affrontare questa situazione, come si stanno muovendo le imprese? Dalle interviste della survey risulta che innanzitutto cercano di trattenere i talenti, favorendo la mobilità del personale o la rotazione delle mansioni. Gli altri ambiti di intervento riguardano la formazione a cui vengono destinati maggior fondi e la creazione di posti di lavoro interessanti in termini di vantaggi economici ma anche di benefit non finanziari. Dalla ricerca emerge proprio che sono soprattutto le piccole e medie imprese italiane quelle che investono maggiormente in formazione anche se faticano a trovare percorsi adeguati. Infine l’indagine rivela una scarsa propensione da parte delle PMI di alcuni Paesi europei nel colmare queste mancanze di competenze con talenti provenienti da Paesi extra-UE.

La digitalizzazione come supporto

Secondo la ricerca Future of work in industry, commissionata da Schneider Electric e realizzata da Omdia , che ha coinvolto 407 piccole, medie e grandi imprese industriali di numerosi Paesi, dall’Europa Occidentale, agli USA, Cina, India, al Sud Est Asiatico, il 45% del campione ritiene che nei prossimi tre anni la digitalizzazione sarà il principale stimolo per l’ingresso di nuovi profili professionali nelle tecnologie operative (OT). La ricerca ha, però, anche evidenziato la portata globale della crisi dei talenti nell’industria: reperire le professionalità necessarie è una sfida che interessa più di un’impresa su due. In questo contesto per il 70% del campione, la digitalizzazione oltre a creare nuovi posti di lavoro sarà anche un valido supporto per sopperire, almeno in parte, alla carenza di personale qualificato, oltre che ad aumentare produttività ed efficienza. Per concludere bisogna ricordare che il tema delle competenze è anche al centro della strategia europea per la trasformazione digitale che punta proprio ad aiutare imprese e lavoratori europei sostenendo la formazione.

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