Valutare gli investimenti dati alla mano

Andrea Ruscelli

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Ogni impresa si trova costantemente a investire per non perdere il proprio vantaggio competitivo. Ma come si possono approcciare gli investimenti con un metodo matematico in modo da fare parlare i dati invece che le emozioni?

Nel mondo imprenditoriale, ogni decisione finanziaria è una scommessa sull’avvenire. La valutazione degli investimenti è una pratica fondamentale per ogni azienda che miri a crescere, prosperare e mantenere una posizione competitiva nel mercato; essa è inoltre cruciale perché consente alle aziende di allocare le risorse finanziarie in modo efficiente ed efficace. Senza una valutazione adeguata, le aziende rischiano di investire in progetti che potrebbero non generare ritorni adeguati o, peggio ancora, comportare perdite significative di capitale.

Pensiamo ad esempio a una carpenteria che decida di acquistare un nuovo impianto di taglio laser: innanzi tutto, esso è davvero necessario? Detta in altre parole, sarà possibile, tramite il nuovo impianto, generare un incremento di valore che andrà a coprire i costi dell’investimento? Se sì in quanto tempo ciò avverrà? A tutte queste domande è possibile rispondere operando una valutazione economica, procedendo cioè a tradurre il tutto in flussi di cassa. Vediamo nello specifico come procedere.

Investire ok, ma in cosa?

Il primo step consiste nell’identificare l’investimento di cui si ha bisogno: vi sono molteplici strade che dipendono tutte dalla peculiarità dell’azienda oggetto di analisi. Il primo consiglio è analizzare la questione razionalmente senza farsi condizionare dall’età di un singolo macchinario oppure da una nuova tecnologia appena uscita sul mercato; le decisioni prese di pancia di solito sono pessime consigliere. Investire dovrebbe essere sempre una questione di priorità e nel definire queste priorità sono fondamentali due concetti: la catena del valore e l’analisi di Pareto.

La prima serve a definire quali sono tutte le fasi e tutte le lavorazioni che consentono all’azienda di sviluppare il proprio prodotto identificando quelle ritenute “core” e che quindi non possono essere interrotte o esternalizzate. L’analisi di Pareto, ovvero l’analisi effettuata sulle frequenze cumulate relative che esplica il principio empirico che il 20% delle cause genera l’80% degli effetti, aiuta invece a individuare tutti quegli impianti di importanza critica che vengono coinvolti maggiormente nello sviluppo dei prodotti.

È buona norma, infatti, effettuare prima gli investimenti che interessano attrezzature critiche e centrali per l’impresa e solamente in un secondo momento investire su quelle che sono le lavorazioni accessorie. Una volta definito l’oggetto dell’investimento è utile informarsi con i principali produttori partecipando a fiere, open house e chiedendo consulenze e preventivi per avere gli elementi di partenza per effettuare l’analisi.

Individuare i flussi di cassa

Il secondo passo consiste nel valutare i costi e i benefici che, detto in termini finanziari, consiste nell’analizzare i flussi di cassa che il potenziale investimento andrà a generare nel tempo. Questa fase è la più cruciale e la più complessa dell’intero percorso in quanto, in base alle ipotesi che si andranno a formulare, il risultato finale dell’analisi andrà a cambiare significativamente.

Scomponiamo il problema: identificare i flussi di cassa significa andare a identificare i flussi in uscita, ovvero le spese necessarie per fare fronte all’investimento e i flussi in entrata, ovvero i potenziali ricavi che si andranno a generare nel tempo. Se identificare i primi è relativamente facile dal momento che, richiedendo qualche preventivo, si può facilmente avere un’idea della cifra da sborsare per il nuovo impianto, sono i flussi di entrata che sono i più critici da quantificare.

Procediamo per step: generalmente un impianto può essere migliore in quanto riduce i costi di produzione, aumenta la produttività, oppure migliora la qualità dell’output finale; nel primo caso si avrà un beneficio in termini di marginalità, sempre ipotizzando il medesimo prezzo di vendita, nel secondo caso, ovvero producendo di più, si avrà un potenziale aumento dei ricavi, sempre ammesso che si riesca poi a vendere tutto quello che si andrà a produrre, e nell’ultimo caso un aumento di qualità potrebbe giustificare un maggiore prezzo da praticare agli occhi del cliente. Ovviamente in molti casi il risultato sarà un mix di questi tre effetti, in ogni caso la sfida è costruire l’ipotesi più verosimile per poi procedere al calcolo delle metriche.

Calcolare gli indicatori

È ora il momento di passare a misurare l’investimento. Esistono molte metriche per questo scopo, partiamo dal payback period (o tempo di ritorno) che misura in quanto tempo i flussi di cassa generati dall’investimento ne andranno a ripagare il costo con la generica formula: payback period = costo dell’investimento / flussi di entrata annui.

Il vantaggio principale di questa metrica è che è sufficientemente semplice da calcolare e fornisce un risultato di chiara interpretazione, anche le quantità da stimare per il calcolo sono relativamente semplici; lo svantaggio principale è misurato dal fatto che non tiene conto della variazione di denaro nel corso del tempo (infatti nel calcolo non viene chiamato in causa il tasso di interesse), inoltre risulta di più complessa applicazione qualora i flussi di cassa siano irregolari nel corso del tempo.

Un’altra metrica molto utilizzata per valutare gli investimenti è il ROI (return on investiment); esso, oltre a essere un indicatore di bilancio utile a valutare la capacità di un’azienda di utilizzare in maniera efficiente le risorse per creare del reddito, è utile anche per valutare il singolo investimento. Il ROI si calcola dividendo l’utile netto generato dall’investimento (per praticità conviene ragionare in termini annuali) per il capitale investito ed esprimendo il tutto in percentuale.

Tra i vantaggi dell’impiego del ROI anche qui vi è la semplicità e la possibilità di effettuare a colpo d’occhio una valutazione su quale investimento sia migliore di un altro. Lo svantaggio principale consiste nel fatto che non fornisce informazioni sul periodo di recupero dell’investimento (in questo caso conviene infatti appoggiarsi al payback period) e che non considera i cambiamenti nel valore dell’investimento nel corso del tempo.

Qualora si volesse impiegare una metrica che considera il fattore tempo e il suo effetto sul valore di un investimento è possibile impiegare il Net Present Value (o Valore Attuale Netto). Esso si calcola sottraendo il costo iniziale dell’investimento dal valore attuale di tutti i flussi di cassa futuri generati dall’investimento, utilizzando un tasso di sconto appropriato per il periodo di tempo considerato.

Il Valore Attuale Netto è una metrica molto potente dal momento che tiene conto della variazione del valore del denaro nel corso del tempo, al contrario tuttavia non sempre è facile da stimare dal momento che, oltre alla stima dei flussi di cassa, entra in gioco anche la stima del tasso di interesse futuro.

Investimenti: criteri di scelta

Ora, a prescindere da quale metrica o, meglio, da quali metriche si siano utilizzate è il momento di guardare i risultati. Innanzitutto, bisogna considerare che l’investimento sia effettivamente redditizio o, in altre parole, che il Net Present Value sia positivo; qualora esso fosse negativo, infatti, il messaggio è che i flussi di cassa generati nel tempo non saranno in grado di coprire l’esborso iniziale; sempre guardando al Net Present Value, tanto più esso è elevato quanto più l’investimento risulta vantaggioso.

In secondo luogo, è bene considerare che un investimento deve ripagarsi nel minor tempo possibile, così facendo, infatti, si minimizza il rischio e questo è possibile osservando il payback period. Infine, nel caso si valutino due investimenti alternativi è bene scegliere l’investimento con payback period minore e con ROI maggiore.

Investimenti: un esempio pratico

Pensiamo a un’azienda che deve sostituire una linea produttiva fondamentale per la produzione del proprio prodotto. Dopo avere interpellato due aziende si individuano due soluzioni. La prima, dal costo di 800.000 euro permetterebbe, una volta raggiunta la piena operatività, di aumentare la produzione passando dagli attuali 20.000 pezzi a 30.000; inoltre, in virtù della propria efficienza, permetterebbe di abbattere il costo unitario di produzione del 12%.

Il secondo impianto invece è un investimento più oneroso (1.200.000 euro) ma permetterebbe un maggiore aumento di produttività consentendo a regime una produzione di 37.000 pezzi, anche in questo caso si ha un aumento di efficienza che permette una riduzione dei costi unitari, sebbene in misura inferiore rispetto al precedente impianto, stimato del 6%. Per quale strada optare? Un investimento più contenuto, maggiore efficienza e minore incremento di produttività o maggiore produttività a fronte di una minore efficienza e un costo di investimento maggiore? Facciamo Parlare i numeri e partiamo descrivendo i due scenari (fig 01).

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figura 1

Analizziamo uno scenario a 5 anni riportando all’anno 0 la situazione iniziale, identica per entrambi gli scenari e a partire dall’anno 1 l’aumento di produttività, che ipotizziamo essere graduale mentre, al contrario, l’incremento di efficienza concretizza fin da subito una riduzione del costo di produzione unitario. Calcoliamo i flussi di cassa in ingresso moltiplicando il margine per la produzione e i flussi di cassa cumulati andando a sommarli anno per anno e, infine, i flussi totali considerando nell’anno 0 l’esborso di denaro per effettuare l’investimento.

Per valutare l’investimento andiamo a calcolare innanzi tutto il Valore Attuale Netto andando ad attualizzare tutti i flussi di cassa generati nel corso degli anni considerando un interesse del 3.5% e sottraendo il costo dell’investimento iniziale (fig 02); il fatto che in entrambi i casi esso sia positivo significa che entrambi gli investimenti sono vantaggiosi per l’azienda, lo scenario A tuttavia risulta più redditizio, come confermato anche dal ROI.

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figura 2

Infatti, andando a dividere i flussi di entrata cumulati per l’investimento iniziale risulta che in 5 anni il primo impianto genererà più del doppio dei profitti rispetto al costo iniziale mentre il secondo impianto solamente una volta e mezza. Infine, per capire in quanto tempo si andranno a ripagare gli investimenti, calcoliamo il payback period. Visto che i flussi di ingresso non sono costanti nel tempo bisogna andare a vedere dallo schema della figura 1 quando i flussi totali diventano positivi risulta che l’investimento A si andrà a ripagare in poco meno di 2 anni mentre per l’investimento B sono necessari poco meno di 3 anni.

In sostanza, dati alla mano, all’impresa conviene puntare sul primo impianto dal momento che esso genera un maggiore profitto e si ripaga in un tempo minore, minimizzando così i rischi, inoltre, il fatto che esso generi profitto agendo sulla leva dell’efficienza piuttosto che sulla produttività mette al riparo da imprevisti cali di domanda che potrebbero lasciare delle quantità invendute in magazzino con conseguente situazione peggiorativa rispetto a quello fino ad ora descritta.

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