Nel corso del 2021, oltre alla produzione industriale metalmeccanica, è cresciuto anche l’export Made in Italy, con risultati di gran lunga superiori a quelli dei principali competitor.
L’indagine congiunturale di Federmeccanica, relativa all’Industria metalmeccanica nel 2021 (sul tema è stato in pubblicato un precedente articolo, N.d.R.) ha evidenziato la ripresa della produzione italiana nell’ultimo anno.
Ai dati positivi e incoraggianti, relativi al mercato interno, si sono affiancati quelli del I trimestre 2022, più cauti di seguito al nuovo scenario geopolitico e geoeconomico in fieri, dove gli equilibri mondiali e il prezzo delle materie prime hanno contribuito al rallentamento del trend positivo.
La produzione del 2021, in soli 12 mesi, era riuscita a recuperare le ingenti perdite del 2020. Ma poi qualcosa ha rotto l’incantesimo.
E ora serve reagire. Nel precedente articolo, abbiamo analizzato l’andamento della produzione italiana di metalmeccanica nell’ultimo biennio, in un’analisi annuale e trimestrale, soffermandoci anche sull’aspetto occupazionale e sullo scenario produttivo a breve termine.
In questo articolo, invece, spostiamo il focus sui flussi import ed export di metalmeccanica, a livello europeo ed extra UE, comparando i dati della produzione italiana con quelli dei maggiori Paesi in ambito regionale.
E, nel confronto, l’Italia ne esce vincente, mostrando una ripresa decisamente migliore rispetto ai competitor, europei e non solo.
Il ruolo degli scambi commerciali
Sicuramente, gran parte del merito della ripresa, nel comparto metalmeccanico, va all’aumento della domanda interna.
Tuttavia, ricordiamo la forte vocazione export del Paese: anche nell’annus horribilis molte imprese hanno continuato a produrre ed esportare gran parte dei propri beni, e la ripresa nel 2021 non è arrivata a tardare.
Addirittura, secondo i dati dell’Italian Export Forum (IEF), uno dei maggiori Think Tank sul Commercio Estero, già a fine 2020 moltissime PMI – poco note al grande pubblico e molto apprezzate all’estero – avevano recuperato il gap causato dal lockdown produttivo.
Dai dati relativi al comparto di nostro interesse, riportati nell’indagine promossa da Federmeccanica, ne abbiamo la conferma: nel 2021 l’export ha contribuito in maniera diretta al rilancio del settore metalmeccanico.
Analizzando l’interscambio commerciale Italia-Mondo nel 2020 e nel 2021 (grafico 1), con riferimento al totale relativo all’intero comparto industriale, la variazione tra i due anni è positiva, con una crescita di +18,2% per le esportazioni e +24,7 punti per le importazioni.
Del totale movimentato, quasi la metà è stato rappresentato dall’interscambio metalmeccanico: dei 516 miliardi di euro esportati nel 2021, quasi 242 sono in metalmeccanica.
La variazione 2020/2021 del comparto di nostro interesse segue l’andamento dell’interscambio globale, con valori leggermente superiori: +18,4% per l’export e +24,9% per l’import.
Focalizziamo poi l’attenzione sull’andamento trimestrale dell’export e dell’import metalmeccanico.
Entrambe le voci hanno mostrato una tendenza altalenante (curva decrescente, crescente e nuovamente decrescente), in un’analisi specifica per ogni tre mesi (grafico 2): l’export ha raggiunto il picco massimo di decrescita – rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente – nel II trimestre del 2020, con una ripresa effettiva solo negli ultimi tre mesi del 2020, mostrando poi una crescita per l’intero 2021, anche se con percentuali diverse.
In particolare, dopo un II trimestre 2021 particolarmente forte (+57,8% rispetto al periodo aprile/giugno 2020), i valori sono rimasti buoni rispetto ai corrispondenti trimestri 2020, ma con una leggera frenata rispetto ai periodi precedenti del 2021.
L’andamento è molto simile anche per le importazioni, sebbene nel II trimestre del 2020 e del 2021 la decrescita e la crescita risultino con percentuali maggiori rispetto all’export.
Import ed export per comparti aggregati
Analizziamo la variazione tendenziale dell’import/export dei comparti aggregati della metalmeccanica (grafico 3) – ovvero la differenza (in termini percentuali) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, comparando quindi il singolo trimestre 2020 con quello 2021.
In questo modo è visibile uno scenario di tendenza dell’andamento, prescindendo dalle possibili modifiche di breve periodo.
Le voci della metalmeccanica, per comparto aggregato e come indicato da Federmeccanica, sono sette: metallurgia, prodotti in metallo, computer/radio e strumenti medicali/di precisione, macchine e apparecchi elettrici, macchine e apparecchi meccanici, autoveicoli e rimorchi, altri mezzi di trasporto.
Riduciamo le voci a cinque, associando metallurgia con prodotti in metallo, e autoveicoli con altri mezzi di trasporto.
Al netto dei valori in euro, la variazione tendenziale dei flussi commerciali è stata maggiore per le importazioni, sebbene i valori risultino molto positivi anche per le esportazioni, per tutte le singole 5 voci.
Sono aumentate le esportazioni di metalli e prodotti in metallo (+26,0%) e di macchine e apparecchi elettrici (+21,0%), mentre mezzi di trasporto (16,9%), macchine e apparecchi meccanici (+14,7%), computer etc (12,1%) hanno mostrato un andamento più contenuto.
Anche le importazioni hanno evidenziato variazioni medie annue positive in tutti i comparti dell’aggregato, con valori elevati per metalli e prodotti in metallo (+41,1%) e macchine e apparecchi elettrici (+30,3%).
Altrettanto bene le ulteriori tre voci: macchine e apparecchi meccanici (+21,9%), mezzi di trasporto (+16,3%) e computer etc (+12,3%).
Le esportazioni di metalmeccanica
L’analisi dei dati, relativi alle esportazioni di metalmeccanica nel mondo, offre un interessante scenario dei differenti flussi di vendita italiana ai singoli Paesi, partendo dal valore 2021 e comparandolo con il medesimo periodo del 2020.
Restringendo allora il campo d’azione dell’export sarà possibile analizzare la direzione dei flussi di vendita, riuscendo a comprendere maggiormente come hanno risposto alla crisi i nostri mercati clienti.
Se esaminiamo la crescita dell’export metalmeccanico nel 2021 abbiamo una visione generale del flusso, con un +18,4 punti percentuali.
Ma facciamo un passo indietro e chiediamoci qual era la tendenza export, prima della crisi pandemica.
Nel 2019 le esportazioni totali del comparto metalmeccanico avevano raggiunto i 224,3 miliardi di euro (grafico 4).
Nel 2020 abbiamo assistito a una contrazione delle vendite di metalmeccanica pari a 8,9 punti, valore medio tra i flussi intra UE (-10,3%) e quelli extra UE (-7,4%).
In effetti, il “danno” maggiore è derivato dal freno delle importazioni dei Paesi europei (Stati Membri), considerando che le esportazioni italiane nel trimestre 2019/2021 sono sempre state maggiori in ambito europeo, rispetto al resto del mondo (>50%; grafico 5).
Nel 2020 i Paesi UE hanno allentato le importazioni di metalmeccanica italiana provocando una decrescita del nostro export di oltre 10 punti.
Ciò deriva innanzitutto dalla condizione sanitaria comune in Europa ma anche dai valori già molto positivi pre Covid, che hanno quindi subito una maggiore contrazione.
Ugualmente, la crescita di 18,4 punti dell’export, nel 2021, è il frutto combinato di due valori, ovvero un’importante ripresa dei flussi intra UE (+22,6%) e un altrettanto positivo +14% per l’export extra UE.
Esaminiamo, poi, lo scenario dei differenti flussi di vendita ai singoli Paesi (grafico 6).
In ambito europeo, lo scorso anno le cessioni transfrontaliere di metalmeccanica hanno segnato valori positivi soprattutto verso Germania (+26,2%), Francia (+18,6%) e Spagna (+21,6%), mentre extra UE l’export italiano compartimentale è aumentato con destinazione Cina (+17,7%), Turchia (+16,8%) e India (+29%).
Anche i flussi export verso gli USA risultano positivi, con 23,7 milioni di euro nel 2021 e una quota di incidenza sul totale, per il settore specifico italiano, del 9,8%.
Un decimo, quindi, delle produzioni metalmeccaniche vendute all’estero è destinato al mercato americano, un altro decimo a quello francese e una buona quota – pari al 14,6% – va al mercato tedesco.
Comparazione della P.I. metalmeccanica in Europa
Se in Italia abbiamo assistito alla ripresa del comparto metalmeccanico, cosa è invece accaduto in Europa e, soprattutto, ai nostri Paesi competitor?
Allargando l’orizzonte ci renderemo conto che i valori del recupero compartimentale metalmeccanico, italiano, sono risultati migliori rispetto ai medesimi in ambito europeo.
Se la produzione italiana è ritornata ai livelli pre-Covid, lo stesso non è accaduto Francia e in Germania.
Analizzando infatti la crescita della produzione metalmeccanica nei principali Paesi europei (grafico 7), dalla comparazione del totale 2020 (gennaio-dicembre) con il medesimo periodo del 2021, l’Italia mostra una variazione nettamente positiva (+15,9%) e superiore a Germania (+4,7%), Spagna (+7,5%) e Francia (+6,9%), ma anche alla media di UE27 (+9,6%).
In particolare, come mostra il grafico 8, considerando il valore della produzione industriale metalmeccanica con base 2019=100, nel I trimestre 2020 l’Italia è il Paese – in una micro analisi comparata europea – che ha segnato la maggior contrazione della produzione industriale (passando da 100 a 44,1), risalendo lentamente nel II semestre e mostrando le migliori performance nella seconda metà dell’annus horribilis, e per tutto il 2021.
Quale futuro, per il commercio estero?
Il calo produttivo di fine 2021 ha adombrato la ripresa del comparto, sia in termini di produzione che con riferimento alla fiducia nell’export: l’aumento dei prezzi energetici, la scarsità di materie prime e il conflitto bellico ad est sono fattori che influiranno sicuramente sull’economia italiana e globale.
Le sanzioni europee disequilibreranno i flussi export (e anche import) e sarà necessario un nuovo assestamento, con tutto ciò che ne deriverà.
In particolare, il rincaro dei prezzi di energia e materie prime sta provocando un aumento medio dei costi produttivi e del bene finale; a catena ciò influisce sul prezzo di vendita e, quindi, sulla competitività delle imprese.
Queste avranno due possibilità: potranno decidere di ridimensionare i margini di profitto, pur di vendere, per restare competitive sul mercato interno e, soprattutto, internazionale.
O, nella peggiore delle ipotesi, saranno costrette a fermare la produzione, come è già accaduto.
Ma facciamo anche pensieri positivi, considerando che non sarebbe la prima volta in cui si verifica una flessione congiunturale della produzione industriale che, tra l’altro, è comune a tutti i principali settori di attività, anche in termini tendenziali nel confronto con gennaio 2021.
I diversi strumenti normativi, al vaglio in queste ultime settimane, stanno provando a frenare il rincaro energetico, mediando anche con sostegni e crediti d’imposta.
Resta qualche perplessità sull’approvvigionamento delle materie prime, ma difficilmente il Paese sarà disposto a chiudere i battenti, nuovamente, dopo i duri mesi del 2020.
Dal punto di vista dell’export, le sanzioni alla Russia toccheranno solo a latere i comparti di nostro interesse: ricordiamo, infatti, che il Paese eurasiatico da anni è destinatario di misure contenitive, da parte dell’UE.
E la stessa Russia, nell’ultimo decennio, come risposta alle scelte europee, ha frenato (o vietato, rectius) alcune tipologie di importazioni con provenienza UE, per cui il danno causato al Made in Italy del nostro comparto è “relativamente” serio.
Sicuramente avremmo meritato, tutti, uno scenario più rilassato, dopo gli ultimi due anni. Ma non possiamo fare diversamente, se non avere fiducia nelle nostre istituzioni e chiedere un dialogo, attraverso i rappresentanti del comparto.
Gli equilibri mondiali stanno mutando e le imprenditorie dovranno essere nuovamente pronte al cambiamento.
Ma, almeno, ora sanno come si diventa resilienti. E sanno che, alla fine, in un modo o nell’altro, una soluzione si trova.
Perché la ripresa arriva, sempre.
di Marianna Capasso