Macchine che apprendono con l’esperienza, “crescendo”? Non è più fantascienza ma realtà.
Il machine learning, che potrebbe essere tradotto come “apprendimento automatico“, sembrerebbe celare qualcosa di inquietante, considerando la quantità di romanzi e film di fantascienza che parlano di macchine intelligenti che arrivano ad avere il sopravvento sull’uomo, conquistando il mondo. Di fatto, aldilà di scenari più o meno allarmanti che il termine può evocare, oggi il machine learning rappresenta un pilastro dell’information technology (IT), con uno stretto legame con l’intelligenza artificiale, e sta acquisendo un ruolo centrale praticamente in ogni settore. L’apprendimento automatico, seppur in maniera velata o nascosta, è ormai parte integrante della vita quotidiana di ogni uomo ed è un ingrediente strategico e assolutamente necessario ai fini del progresso tecnologico.
Il cuore del machine learning sono i dati, che ne rappresentano il nutrimento, senza i quali non sarebbe possibile alcun tipo di elaborazione e, di conseguenza, di apprendimento automatico. La raccolta di dati oggi non rappresenta di certo un problema, semmai il problema sta nella corretta gestione, tema su cui si sta ampiamente dibattendo, vista l’ampiezza dei Big Data e, come da più parti viene sottolineato, la minima parte utilizzata.
Machine learning: un concetto che va chiarito
Machine learning viene comunemente tradotto con “apprendimento automatico” ma, letteralmente, significa “apprendimento delle macchine“. Si che si considera sia la traduzione letterale sia quella più libera, il termine apprendimento è sempre presente, stando a significare che si tratta di un processo attraverso il quale migliorano le abilità, aumentando la velocità e la precisione nel compiere una determinata azione: chi ha appreso fa “qualcosa di meglio” rispetto alla condizione di partenza.
Perché allora ad apprendimento vengono associate le macchine o l’aggettivo automatico? Diverse sono le interpretazioni, secondo alcuni perché le macchine sono in realtà i computer, intesi come l’insieme di hardware e software, cioè opportuni algoritmi, permettono la gestione automatica dei processi appresi. Secondo altre interpretazioni le macchine, così come l’uomo, possono imparare “studiando” i dati via via raccolti per arrivare ad un miglioramento globale dei processi: quali processi? Tutti, dalla medicina per arrivare ai processi produttivi, passando per i motori di ricerca del web o il riconoscimento facciale. In ultima analisi, si tratta di immagazzinare una quantità di dati sufficiente ed impostare giuste query, scrivendo codici che siano in grado di analizzare i dati, rintracciando i pattern ricorrenti in modo da arrivare all’algoritmo opportuno per risolvere il compito assegnato. Chiaramente in automatico.